Claymore in Musica

[Nardo]

Come seconda, vi ripropongo una revisione di "Confessioni di un Malandrino" di Angelo Branduardi, che mi fece pensare a quali potessero essere i pensieri di una guerriera che viene mandata a epurare uno Yoma nel suo villaggio natale... E questo è il risultato, a voi il giudizio

Mi piace spettinata camminare, il capo sulle spalle come un lume
e son venuta qui per liberare il mio villaggio lungo il fiume.
Mi piace che mi grandini sul viso la fitta sassaiola dell'ingiuria,
mi agguanto solo per sentirmi viva al guscio della mia capigliatura.
Ed in mente mi torna quello stagno che le canne e il muschio hanno sommerso
ed i miei che mai non sapranno di avere un figlia col destino avverso…
Mi volevano bene come ai campi alla pelle ed alla pioggia di stagione,
raro fu che chi mi offese scampi alle punte del forcone.
Poveri genitori contadini, certo ve ne siete andati e adesso siete
col Signore del cielo e gli acquitrini, genitori che mai non lo saprete
che oggi la vostra figliola è diventata una delle streghe del Paese
e ora in una veste bianca e l’armatura indosso ella cammina.
Ma sopravvive in lei la frenesia di un piccola monella di campagna
e ad ogni insegna che trova sulla la via una lacrima triste l’accompagna.
E quando incontra un vetturino le torna in mente il suo viaggio fatale
e vorrebbe la coda del ronzino regger come strascico nuziale.
Voglio bene alla patria, benché afflitta di tronchi rugginosi
m'è caro il grugno sporco dei maiali e i rospi all'ombra sospirosi.
Son malata di infanzia e di ricordi e di freschi crepuscoli d'Aprile,
sembra quasi che l'acero si curvi per riscaldarsi e poi dormire.
Dal nido di quell'albero, le uova per rubare, salivo fino in cima
ma sarà la sua chioma sempre nuova e dura la sua scorza come prima;
e tu mio caro amico vecchio cane, fioco e cieco ti ha reso la vecchiaia
e giri a coda bassa nel cortile ignaro delle porte dei granai.
Mi sono cari i miei furti di monella quando rubavo in casa un po' di pane
e si mangiava come due fratelli una briciola a me ed una il cane.
Io non sono cambiata, il mio cuore ed i pensieri son gli stessi,
anche se i miei capelli or son chiari e gli occhi d’argento grandi e tersi.
Buona notte alla falce del cielo sì cheta mentre l'aria si fa bruna,
dalla finestra mia voglio gridare contro il disco della luna.
La notte e` così tersa, qui forse anche rischiar di morire m’aggrada,
che importa se il mio spirito è perverso e dal mio dorso penzola una spada.
O Pegaso decrepito e bonario, il tuo galoppo è ora senza trama,
giunsi come una guerriera solitaria e non caccio e uccido altro che gli yoma.
Dalla mia testa come uva matura gocciola il folle vino delle chiome,
voglio essere una bianca velatura gonfia verso un paese senza nome.