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Il gioco delle carte alla corte del Conte [Hotenshi - Sir_Alric]
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13-02-2013, 12:49 PM
Messaggio: #21
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Il gioco delle carte alla corte del Conte [Hotenshi - Sir_Alric]
Narrato/pensato
Parlato Pazzesco, ci sto. Questo affare è più grande di quanto pensassi. Non solo riesco a entrare, ma pure Olivia si infila dentro. Be', tanto meglio. Lei ha avuto un'idea: ficcare le spade dentro a delle statue per portarcele dietro. Non riesco esattamente a capire a che serva, ma dato che è l'unica idea che abbiamo tanto vale provare. Hayez poi sembra d'accordo, quindi lascerò fare a loro. A me basta che si menino un po' le mani. Viaggiamo per tutto il cazzo di giorno, una palla mostruosa. Non posso fare allenamento, lì dentro, così lascio perdere e faccio un pisolino. Sarà meglio che Olivia non rompa. Alla sera ci fermiamo in un posto del cavolo con delle stanze del cavolo e il bastardo si porta via le spade. Penso per metterle nelle statue. Comunque, non ho sonno e passo la notte fuori ad allenarmi come posso, anche se senza un'arma riesce male. Fa niente. Il mattino dopo mi avvio stiracchiandomi verso la carrozza e vedo l'uomo poco in nero con un affare grande quasi quanto lui: due donne alate con le mani l'una sull'altra, tutte di pietra. Alzo gli occhi ad Hayez con espressione confusa, ma lui è abbastanza chiaro: è un due in uno, ci son tutt'e due le spade lì dentro. Grandioso, avessi due mani mi fregherei quella di Olivia. Ma non posso, peccato. Rimonto in carrozza imprecando contro l'impossibilità di far qualcosa lì dentro e stavolta cerco di parlare, chissà che non vada bene: Allora, tu saresti la mia... uh... serva? Giusto? Che fa una serva? E che faccio io? Francamente, anche se il bastardo crede di aver spiegato tutto, io non ho capito niente. Quindi vorrei vedere se 'sta qua riesce a farmi capire. Ottenuta qualsiasi risposta, decido che tanto vale riposare ancora. Finalmente arriviamo, era proprio ora. Non ne potevo più di quella cassa con le ruote. Scendiamo davanti a una grande casa rossa, con tante finestre e tante luci. Che roba, mai vista una cosa simile. A malapena riesco a capire che è una dannatissima casa, figuriamoci. Io le case le so marroni, di legno o fango. E coi buchi, e senza luci. No, questa non è una casa. Ma ci somiglia, almeno. Ci son pure le scale per la porta. Io le scale non le avevo da nessuna parte, poche ne ho viste. Questi pure alla porta le hanno. Non capisco, poi, perché uno ci stia a guardia con un bastone e qualche vestitino da signora. Non dovrebbe avere almeno una spada? Ma l'uomo ben poco in nero dice che l'uccello. Eh? Il che? A me non sembra un uccello. No, forse ho sbagliato. Che ha detto? Uscita? Bo. Hayez dice un sacco di cose, ma per fortuna in modo comprensibile. Va bene... ah, la pillola. Giusto, ne avevo uh... tre, mi pare. Ne pesco una dalla tasca, attenta a non disintegrarla, e me la ficco in gola. Mando giù tutto d'un colpo. Spero si faccia così. Comunque dovrebbe andare. Fatto questo, faccio un cenno a Olivia e andiamo. Pescando la pillola, ho trovato anche un foglio di carta. Non ho letto quello, ma magari serve. Augurio a lui una buona mattinata, medamigella. Prendo a dire al tizio col bastone appena sono a portata di voce, senza urlare s'intende. Sono Andrea Tourier de la Varalle, qua. E gli ficco in mano il foglio. E questa faccio un gesto verso Olivia, sperando di non centrarla in faccia è Olivia. La mia uh... dov'è 'stica... volevo dire domestica. Sorrido, anche se non so quale sarà l'effetto. E abbiamo una... un cono. Una statua, sì, per il... per il Conte. La portano quei due lì. E indico in direzione di Hayez e quell'altro, Brera. Poi sto zitta, per evitare di dire troppa roba. Già non so nemmeno quello che ho detto finora, figuriamoci. Sto zitta e sorrido come un'ebete, aspettando. Speriamo che 'sto qua non ci faccia casini. Sennò al massimo lo stendo e passiamo oltre, non sembra tanto forzuto. Citazione:Yoki utilizzato: 0% "La guerra è il tribunale del mondo: chi vince ha sempre ragione, chi perde ha sempre torto, perché lo spirito del mondo sta dalla parte del vincitore." (Hegel) |
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