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[In Missione] Scheda di Angelica [La X di Miria]
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05-08-2015, 11:06 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 05-08-2015 11:11 PM da La X di Miria.)
Messaggio: #4
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RE: [In Missione] Scheda di Angelica [La X di Miria]
Capitolo II: The Secret Path
Se la mia prima missione da novizia era cominciata all'alba, la mia prima missione da guerriera ebbe inizio a notte fonda. Aspettavo un nuovo incarico con ansia e provai un grande orgoglio nell'indossare la nuova armatura lucente. Ero una guerriera, ormai nessuno poteva metterlo in dubbio e fu con questa consapevolezza che mi diressi all'esterno delle mura. Trovai ad attendermi l'uomo in nero e due compagne: la missione si preannunciava interessante. Nelle gelide terre del nord erano state scoperte delle catacombe che parevano collegate con certe sparizioni in quella zona. Rabbrividii al sentir parlare di catacombe, ma almeno ero in compagnia. Prima di lasciarci andare Kelsier parlò ad ognuna di noi: a me disse che l'Organizzazione era rimasta favorevolmente colpita dal mio primo incarico. Questo non poté che riempirmi di nuova fiducia: avrei dato il massimo in questa missione. I quattro giorni di viaggio in direzione di Fresendorf passarono calmi, li impiegammo per conoscerci meglio. Non nascondo che ero estremamente curiosa di apprendere il maggior numero di cose possibili dalle mie compagne, un giorno avrebbero potuto essermi utili. Venni a conoscenza dei loro trascorsi e pian piano mi si delineò in mente il carattere di ciascuna: Morgana mi parve schiva e taciturna, Dua invece alquanto imprevedibile. Appresi anche dell'esistenza di certi individui: Elise, la sorella di Dua, che a quanto pare era anche una nostra compagna, una certa Minerva, molto autoritaria, e due uomini in nero di nome Duncan e Cort. Mi domando se incontrerò mai qualcuno di loro. Le terre di Alphonse ci accolsero con il loro ambiente inospitale, il villaggio di Fresendorf apparve all'orizzonte coi suoi pennacchi di fumo: Ruthgard, il sindaco, ci informò sulla situazione e fin dalla prima impressione mi parve che il nostro nemico fosse una creatura astuta, che preferiva agire nell'ombra. Senza troppi indugi ci dirigemmo verso l'entrata delle catacombe e non tardammo a percepire la traccia di uno Yoki: una figura comparve all'entrata, si accorse della nostra presenza e fuggì. La cosa non mi preoccupò più di tanto, c'era da aspettarselo; tuttavia notai nelle altre due una certa inquietudine e la cosa mi mise in allerta. Per questo una volta dentro mi proposi di aprire la fila così da tenerle a freno qualora avessimo incontrato un nemico: la nostra unione rappresentava l'unica speranza di successo. Cercando di essere convincente non esitai a sminuire la mia vita rispetto a quella delle altre, ma sia Dua che Morgana mi ripresero in maniera veemente. Penso che quello sia stato uno dei momenti più importanti della mia vita: mi accorsi che finora avevo tenuto poco conto di me stessa, di quello che avrei potuto provare o compiere, a favore dei miei obiettivi. Avevo semplicemente dato per scontato che avrei sempre reagito in maniera razionale, secondo ciò che io comandavo a me stessa, non concepivo che io stessa mi sarei ribellata a ciò che io stessa avevo deciso. Eppure adesso, come allora, non ne sono più sicura. La scoperta dello Yoki nel mio corpo era stata devastante, non volevo credere che un'energia così violenta e altra trovasse posto proprio dentro di me. Ora, lo spazio al mio interno si riduceva ancora: scoprii un qualcosa di simile ma molto più legato a me. Se lo Yoki era frutto del trapianto di Yoma e proveniva dall'esterno, questo qualcosa era sempre stato in me. È come un mio doppio, un'altra me stessa, che agisce senza dipendere da me e di cui mi devo prendere cura. Ora non posso più far finta di nulla. E da qui iniziò la nostra esplorazione di quei cunicoli bui e infestati: incontrammo innumerevoli svolte che misero a dura prova la nostra pazienza, la monotonia di quel luogo era una bella insidia poiché rischiava di farci abbassare la guardia. E infatti gli scontri non mancarono: il primo Yoma sbucò da una stanza, di seguito toccò a me pestare una mattonella sporgente attivando una trappola, altri due Yoma sbucarono da un corridoio attirati dal mio frastuono solo per venire infilzati alle spalle dalle mie compagne, e infine altri tre Yoma dentro una stanza. Momenti di grande tensione si alternavano a momenti di piatta monotonia, il ché risultò parecchio sfibrante. Alla fine riuscimmo a scoprire che fine avevano fatto le persone scomparse, i cui cadaveri erano stati accatastati in una stanza. C'erano solo due sopravvissuti. A stento venimmo a sapere che c'erano almeno undici Yoma in quelle catacombe: cinque li avevamo uccisi, sei mancavano all'appello. Mettemmo in salvo i sopravvissuti e ritornammo alla ricerca degli Yoma mancanti. Si erano radunati tutti in una sala e non ci restò che affrontarli a viso aperto: erano lì tutti e sei, disposti a semicerchio, ma quello che mi colpì di più fu uno Yoma gigantesco, di sicuro il loro capo. Decisi ad occuparmi dei due Yoma a destra: il primo cadde senza troppi problemi mentre il secondo mi ingaggiò in una dura battaglia. Alla fine nessuno dei due ebbe la meglio: accortosi di aver perso tutti i suoi artigli decise di fuggire, lasciandomi libera di respirare. Ripensandoci ora, come a fine missione, provo un certo fastidio nell'averlo lasciato fuggire. Uccidere gli Yoma è il motivo per cui esisto, averlo lasciato andare significa venir meno al motivo della mia vita. Tuttavia, mi dico, so che lasciarlo andare è stata la scelta giusta. Conciata com'ero sarei stata inutile, sarei morta e basta. Quell'altra me stessa, quell'… istinto di conservazione, mi aveva imposto di starmene lì e io, sì, le ho dato ragione. Non è codardia questa. È riconoscere i propri limiti. Penso di aver capito le parole che Morgana e Dua mi hanno detto all'entrata delle catacombe, penso di aver capito che anche io ho un valore. Se non mi avessero parlato così, se fossi stata ancora una novizia penso mi sarei gettata contro lo Yoma in qualsiasi condizione, non importa se ferita, stanca, distrutta, spaventata, anche coi denti avrei lottato. E alla fine è quello che è successo a Stir, con l'ultimo Yoma: nonostante tutta la stanchezza e la paura dovuta allo Yoki ho voluto ucciderlo, dovevo ucciderlo, perché era il mio compito, perché volevo essere una guerriera a tutti i costi… . Solo ora mi rendo conto di quanto vicina sono stata alla morte. Lo scopo della mia vita e la mia autoconservazione: il primo dà senso alla mia vita ma può spingermi a sacrificarla e il secondo… be' di senso non pare averne, ma mi sprona a conservare la mia vita come la cosa più preziosa. Nessuno dei due è sbagliato, l'errore se mai capita quando l'uno o l'altra prendono il sopravvento. L'unica soluzione è mediare. Non posso che essere grata alle mie compagne per avermi fatto scoprire questa parte così importante di me, di certo ne farò tesoro. E nella prossima missione nessuno Yoma mi sfuggirà! |
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