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[In Missione] Scheda di Angelica [La X di Miria]
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24-07-2016, 10:54 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 24-07-2016 10:56 PM da La X di Miria.)
Messaggio: #6
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RE: [In Missione] Scheda di Angelica [La X di Miria]
Capitolo IV: Alla Fiera dell'Est
Non ero dell'umore giusto quando fui chiamata per questa missione: dopo il confronto con le precedenti compagne di squadra e il duello in arena non ero più tanto sicura delle mie capacità. Credevo che emergere dall'ombra del noviziato fosse la cosa più difficile, ma divenire una guerriera si è rivelato solo un altro inizio. Con animo poco fiducioso quindi, seguii l'accolito fino ad una porta dalla quale si udiva una splendida melodia: proveniva da un'arpa, accarezzata dalle dita della prima donna in nero che avessi mai visto. Assieme a me entrarono altre due guerriere, mai viste prima, e la donna in nero di nome Semirhage ci chiarì subito il motivo della nostra presenza.
A Cézanne, un borgo al limitare delle Terre dell'est, si sarebbe tenuta una grande fiera mercantile, motivo per cui le autorità cittadine avevano richiesto delle guerriere per garantire la sicurezza. In effetti, quella era una ghiottissima occasione per uno Yoma. Mi rallegrai del fatto che non bisognasse più dirigersi in terre desolate o scendere in buie catacombe, tuttavia la novità dell'incarico non mi lasciò tranquilla: non si trattava di andare a caccia di Yoma, ma di difendere una città dai loro attacchi, di "giocare in difesa". Tutto ciò necessitava di grande organizzazione, fermezza e attenzione, perciò rimasi totalmente spiazzata quando la donna in nero mi nominò caposquadra: non mi sentivo pronta. Fosse successo nella precedente missione, il mio orgoglio sarebbe balzato alle stelle, ma in quel momento non seppi fare altro che annuire in silenzio. La responsabilità di due compagne e di un'intera città, senza contare quella di rappresentare l'intera Organizzazione, costituiva un peso non indifferente. Partimmo subito e durante il viaggio cercai di instaurare un rapporto di fiducia con le mie compagne: se volevamo proteggere efficientemente la città, prima di tutto le cose dovevano funzionare tra di noi. Appresi dunque che si chiamavano Rebecca ed Elenwen, ma oltre ai loro gradi 35 e 45, non ottenni molto altro su cui stimare le loro capacità, probabilmente non ancora sviluppate. Una volta giunte a Cézanne fummo accolte da due guardie che ci condussero dalle autorità cittadine e che ci chiarirono meglio la situazione. A quanto pareva non si trattava di proteggere la città da una minaccia sospesa e sconosciuta, come avevo inteso, ma i sospetti si erano già concentrati su di un mercante facoltoso di nome Lei Kung. Trovai molto sospetto questo cambiamento e non potei fare a meno di pensare che le autorità, guarda caso tre mercanti di spicco, volessero sfruttare noi e il pretesto della sicurezza per sabotare gli affari del loro rivale. Il fatto che Lei Kung si fosse arricchito in poco tempo con merce rara, in concomitanza con gli omicidi di altri mercanti avvenuti fuori dalle mura, faceva sorgere molte domande, tuttavia non provava senza alcun dubbio che fossero coinvolti degli Yoma e che il mercante fosse sceso a patti con loro. Questa preoccupazione non smise di tormentarmi finché non mi resi conto di persona che i sospetti dei tre mercanti erano fondati: dopo il colloquio decisi di ispezionare la città e assegnai due quartieri a ciascuna di noi, tenendo per me la zona in cui si trovava la casa del mercante. Non appena la raggiunsi percepii chiaramente delle tracce di Yoki e il nervosismo delle guardie all'entrata: era chiaro che quell'uomo era in affari con degli Yoma. La situazione era delicata, per cui non feci nulla di avventato: dopo aver appreso che il mercante non era in casa, mi congedai dalle guardie con la promessa che gli avrebbero parlato di me. Proseguii il mio giro di ispezione e notai un gruppo di mercenari fermarsi proprio davanti alla medesima casa, per poi proseguire. Li seguii e ottenni di parlare con il loro capo, una donna di nome Darhak Nà. Da lei seppi che Lei Kung avrebbe tenuto un'asta in casa sua: un'ottima occasione per ottenere più informazioni, per cui non esitai a proporle di indagare per noi. Ero certa che la nostra presenza all'asta avrebbe scatenato non poche tensioni che preferivo evitare, ma non riuscii a convincere del tutto la donna. Con lei ebbi anche un altro discorso, più... personale: spinta da chissà cosa, la mercenaria si era proposta di aiutarmi a cambiare vita. Questo mi ha fatto riflettere sul modo col quale ci vedono gli umani: per la maggior parte di loro siamo persone da disprezzare, ormai mi è più che chiaro, ma ci sono altri, come la mercenaria, che invece ci vedono come persone da salvare. Comunque sia, siamo gente finita in una burtta situazione, da additare come mostri o da compatire come sventurate. Quello che non capiscono, che la mercenaria nemmeno ha capito, è che non è così, non c'è niente da salvare in me e niente di così terribile o misero da disprezzare, in me. Sarà il fatto che siamo a metà strada tra uomini e Yoma ad alimentare certe credenze, fatto sta che non sento di aver niente di sbagliato e sto perfettamente bene dove sono. Sarebbe bene far capire questo agli umani, una volta per tutte: io intanto ho cercato di metterlo ben in chiaro con la mercenaria. Dopo quest'incontro, ritornai al nostro alloggio, dove le mie due compagne mi informarono di quanto visto durante il giro d'ispezione. Non passò molto tempo, che un inviato di Lei Kung bussò alla nostra porta con una missiva: proprio il mercante ci invitava formalmente alla sua asta. Questa svolta inaspettata fece sorgere in me diversi interrogativi: cosa ci guadagnava il mercante con la nostra presenza? Che aveva in mente? Davvero pensava che non ci fossimo accorte delle tracce di Yoki sulla lettera? Voleva condurci in una trappola? Mi logoravo con tante domande nel vano tentativo di afferrare qualcosa di solido in mezzo a tutto quel fumo, fumo che per altro mi stavo lanciando negli occhi da sola. Per fortuna me ne resi conto in tempo, ripensando anche alla mia iniziale diffidenza nei confronti della Gilda dei Mercanti: alla fine le cose si erano rivelate meno complicate di quanto credevo. Pensare e ripensare non mi aveva portata a nulla, per cui acconsentii a concedere una pausa a me e alle mie compagne per quella serata: ci rifocillammo in una locanda e tornammo a riposarci nel nostro alloggio. Il mattino seguente mi svegliai fresca e riposata e procedetti ad illustrare alle altre il piano d'azione per quella giornata, piano che, a ripensarci ora, reputo buono e del quale non mancherò di rifarne tesoro, qualora mi capiti una simile situazione. Si ponevano due problemi: la difficoltà di movimento e di copertura degli spazi in mezzo a una vasta folla e la quasi totale ignoranza dello stato dei nostri nemici. La soluzione che trovai fu quella di muoverci sui tetti, così da controllare la festa da un'ottima posizione e nel contempo disincentivare gli Yoma ad attaccare, non potendo questi avere la certezza da che parte saremo potute comparire. Il piano funzionò, o meglio, non ci furono incidenti per tutto il tempo in cui rimase operativo: in ogni caso il risultato si rivelò positivo. Al tramonto ci ritrovammo tutte per dirigerci all'asta del mercante e non appena giungemmo alla sua casa, non fu difficile rendersi conto che l'intera abitazione era impregnata di Yoki. Scelsi di dividerci e di posizionarci nei tre punti nevralgici della casa, di modo da non intralciarci se avessimo dovuto combattere e da sondare la casa in più punti contemporaneamente. Tuttavia Rebecca ed Elenwen non mantennero le posizioni assegnate e questo mi irritò molto: come può funzionare una squadra se i propri sottoposti prendono gli ordini così alla leggera? Ma ormai erano lì, davanti all'entrata dell'asta, e non c'era tempo per discutere. Entrammo assieme e subito riconobbi la mercenaria. Lei Kung diede inizio all'asta e ad affiancarlo c'erano proprio due Yoma. Non persi tempo e rapida mi diressi contro quello più grosso dietro al bancone mentre quello più esile stava rapidamente guadagnando l'uscita che si apriva nella torre deitro al bancone. Questi lanciò qualcosa di brillante allo Yoma più grosso, il quale lo gettò a sua volta in mezzo folla, scatenando il disordine. Un abile diversivo, tuttavia non mi persi d'animo e mi lanciai contro il mio avversario, riuscendo a mozzargli un braccio dopo che una sedia lo aveva centrato in pieno sbilnciandolo. Tuttavia il mostro non era ancora finito e mentre Rebecca ed Elenwen si precpitavano all'inseguimento degli altri due Yoma, io rimasi a fronteggiarlo. Lo scontro si rivelò più duro del previsto, perché quella bestia era decisa a resistere fino all'ultimo: tentai un affondo ma quello riuscì ad evitarlo buttandosi in ginocchio e di risposta provò a bloccarmi le mani attorno alla spada, senonché lasciai l'elsa appena in tempo e lo finii a pugni sul muso. Una volta morto, la gente lì radunata proruppe in grida ed esultaizioni nei miei confronti, cosa che riesce ancora adesso a farmi arrossire: penso sia davvero un fatto di non poco conto che una guerriera riesca a riscuotere le acclamazioni di una folla di umani, nonché un ottimo traguardo per l'immagine dell'Organizzazione. Non indugiai oltre e mi precipitai in soccorso delle mie compagne: trovai Elenwen ferita sulle scale che scendevano nella torre dietro al bancone, insieme al cadavere di uno Yoma. Rebecca invece era alle prese con il terzo poco più avanti: la raggiunsi in tempo per vedere lo Yoma trafiggerla con molti artigli in cima ad una scalinata e per trarla in salvo prima che la situazione potesse peggiorare. Quello Yoma si era vilmente appostato in fondo alle scale, rendendo pericoloso ogni avvicinamento e, come se non bastasse, Rebecca era riuscita a trafiggerlo lanciandogli contro la sua spada, ferendolo seriamente ma bloccandolo proprio in quella posizione. Il problema stava nel passare le scale senza subire ferite gravi, per cui bisognava impegnarlo almeno per pochi istanti: mi tolsi i bracciali dell'armatura e li porsi a Rebecca, ordinandole di fare lo stesso. Lei avrebbe provveduto a bersagliare lo Yoma con quelli, mentre io mi sarei gettata contro di lui per trafiggerlo: il piano funzionò e lo Yoma ebbe la peggio. Finalmente anche l'ultimo era morto. Ritornammo nella sala dell'asta, ma la missione non era ancora finita, almeno per me. La vedova mi annunciò che lei e i mercanti avevano una disputa in sospeso per la quale avevano pensato a me come giudice: non disse altro e solo l'indomani scoprii di cosa si trattava. Dopo che confermai di aver accettato l'incarico, la donna mi spiegò che la disputa verteva sull'assegnazione della reliquia di un santo, lo stesso teschio brillante lanciato dallo Yoma più robusto per generare il panico. I contendenti erano tre: i preti al cui credo apparteneva la reliquia e l'uomo proprietario di quel teschio, il popolo del mare che aveva ottenuto l'oggetto commerciando e la mercenaria coi suoi compagni che, a quanto pareva, avevano aiutato le autorità a recuperare la reliquia dopo che questa era stata gettata in mezzo alla folla. L'unico criterio oggettivo col quale poteva essere assegnata la reliquia era quello del diritto di proprietà: esclusi quindi i mercenari, che non potevano accampare serie pretese di proprietà, rimasero i preti e la gente del mare: venni a sapere che la reliquia era stata trafugata per ben due volte, a entrambe le parti, ma siccome il furto più datato era stato quello ai danni dei preti, assegnai l'oggetto proprio loro, i propietari originari. Questi non nascosero il loro stupore, mentre le altre due parti si allontanarono dalla sala visibilmente deluse. Io invece lasciai la sala convinta di aver rinsaldato, con quella decisione, il potere dell'Organizzazione. Mi riunii alle mie compagne e scoprimmo Semirhage ad attenderci nel nostro alloggio: restava un ultimo giorno di festa ma non c'erano minacce incombenti. La missione poteva dirsi ormai conclusa. |
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