Nome: Artemisia
Anni: 19
Altezza: 1.70 metri
Peso: 48 chili.
Arto Dominante: Destro.
Tipologia: Difesa.
Avatar:
Simbolo:
Uniforme: classica uniforme da guerriera:
Veste: Una Guerriera dell'Organizzazione indossa in genere una veste bianca aderente formata da pantaloni e giacca, col colletto rosso su cui è ricamato il suo simbolo personale.
Schiena: Una Guerriera dell'Organizzazione ha in dotazione ordinaria una placca metallica per la protezione dell'area del muscolo trapezoidale della schiena.
Spalle: Una Guerriera dell'Organizzazione porta delle spalline metalliche sulla cui personalizzazione l'Organizzazione lascia ampia scelta.
Petto: Una Guerriera dell'Organizzazione porta in genere una collana metallica di collegamento tra le due spalline, che funge anche da protezione per le clavicole.
Braccia: Una Guerriera dell'Organizzazione porta delle protezioni per gli avambracci che a seconda dei gusti personali possono raggiungere il gomito o essere tanto piccoli da proteggere solo il polso.
Vita: Una Guerriera dell'Organizzazione indossa un gonnellino metallico a lamine atto a proteggere il bacino.
Gambe: Una Guerriera dell'Organizzazione calza dei particolari stivali metallici che forniscono sia protezione che appoggio ai piedi.
Profilo Fisico: Giovane donna dal fisico magro ma muscoloso causa scarsa alimentazione dovuta al suo vecchio stile di vita e agli innumerevoli scontri. Capigliatura lunga ma trasandata, poco curata vista l'estrema povertà in cui viveva.
Profilo Psicologico: Disillusa e pragmatica, Artemisia valuta le persone e le cose in maniera logica e in base al proprio tornaconto, soprattutto valutando se essi possono rappresentare una minaccia alla propria persona o no, rendendola di conseguenza una persona poco espansiva e diffidente, soprattutto causa di un ''tradimento'' da parte di una certa persona. Il suo umorismo tendente al sarcasmo manifesta in modo limpido la sua visione cinica delle cose. Da non dimenticare un'innata curiosità che è capace di ben nascondere quando la situazione richiede, e di una notevole forza di volontà, temprata da innumerevoli scontri per la sopravvivenza. Nei momenti difficili il suo carattere sarcastico viene rimpiazzato da un atteggiamento freddo, calcolatore e privo di remore morali.
Storia Personale:
Non è una visione insolita vedere nelle periferie di molti paesini bambini che rubano il cibo dalle bancarelle per poter sopravvivere, o azzuffarsi tra di loro per un piccolo pezzo pane. Artemisia ha vissuto la quasi totalità della sua vita in ambienti del genere. La morte di sua madre per malattia, l'abbandono di un padre di cui non ricorda più neanche il suo volto, l'assenza di altri parenti, furono le cause che gettarono questa bambina in un mondo di violenza e privazione, in cui solo il più forte sopravvive, dove non è cosa rara vedere cadaveri di bambini nei vicoli privi pure degli stracci che avevano. Spaesata e senza alcun punto di riferimento, imparò ben presto sulla propria pelle la crudeltà di questo mondo e l'inesistenza di alcun aiuto esterno. Perciò come tutti i bambini senza casa e famiglia cominciò a rubare, ad essere pestata per essere derubata del bottino, a rialzarsi con sangue e terra in bocca, a ri rubare, a rialzarsi, e a difendersi: tutto per continuare a vivere in questo mondo spietato che però era dove viveva. Gli anni passavano e la bambina piagnucolona divenne una ragazza testarda, scaltra e combattiva, tanto che pure i ragazzi cominciavano a temerla; non era la sua forza fisica il vero problema quanto più la sua volontà di non arrendersi e l'abilità di sfruttare le debolezze degli avversari, dote affinata in anni di scontri e pesanti sconfitte. Eppure questo apparente eterno ciclo di furti e scontri si interruppe causa l'incontro con una persona che avrebbe avuto profondi ripercussioni sul suo futuro: in una notte qualsiasi Artemisia si intrufolò in una casa ai limiti del paesino in cerca di cibo; non era certamente la prima volta che lo facesse. . . . . soltanto che questa volta si imbatté nel padrone di casa ancora sveglio. Ma la cosa più sorprende è che questo anziano signore non urlò per richiamare l'attenzione dei vicini o per denunciare la presenza del ladro, ma fissò la ragazzina con sguardo incuriosito. Momenti di silenzio che sembravano eterni, l'uno che guardava negli occhi dell'altro senza far uscire un suono, quasi per non offendere l'altro. Finché il vecchio prese fiato e disse:
- Mi sembri un po' denutrita. Hai voglia di fare uno spuntino con me? -
-Prego?- rispose Artemisia con stupore e confusa più che mai. Un uomo che stava derubando non solo non urlava, ma la stava invitando a mangiare qualcosa. La ragazzina era spaesata e ammutolita.
- Beh non rispondi? La fame ti ha fatto perdere la lingua? Sei venuta qui per mangiare no? Dai vieni che mangiamo in compagnia!-
Il vecchio prese l'iniziativa e prese delicatamente il suo braccio e la portò in cucina in cui le offri della zuppa. Artemisia era ancora imbambolata per la reazione inaspettata del vecchio e guardava il piatto di zuppa con occhi sospetti. Poi si fece coraggio e cominciò a mangiare: sarà perché per lei era la prima volta che mangiava qualcosa di nuovo che trovò quella semplice zuppa il piatto più buono al mondo. Le piccole cucchiaiate presero il posto a divorare il piatto in pochi istanti. Nel vedere la ragazzina divorare il suo pasto, il vecchio si mise a ridere e disse:
- Per tutti i lupi! Mi sa proprio che è la prima volta che mangi un piatto del genere no? Ah giusto non so il tuo nome. Come ti chiami piccina? Hai un posto dove dormire? Se ti va puoi dormire qui. -
Le domande causarono un sussulto alla ragazza: già era un miracolo che un uomo offrisse cibo ad una sconosciuta, che era venuta lì per rubargli del cibo, e questo le offriva un posto per dormire? Spaventata da tutto questo si alzò e corse via, così veloce da non lasciar al vecchio il tempo di reagire.
Corse, corse con tutta la forza che aveva nelle gambe per essere il più distante possibile da quella casa, da quell'uomo. Ritornò nel suo solito rifugio, una casa disabitata fuori dal paesino confusa e col fiatone. Si buttò in quell'ammasso di paglia per cercare di morire; cosa che ovviamente non avvenne vista l'ondata di emozioni che albergavano in lei: confusione, paura, curiosità ma anche calore e piacere. Il giorno dopo tentò di riprendere il suo solito stile di vita, dimenticare ciò che successe quella notte; ma era impossibile. Il dubbio l'assillava: come un uomo poteva comportarsi così con una sconosciuta? Con una ladra per i più. Per artemisia non c'era altra soluzione: stanotte sarebbe ritornata in quella casa, anche se fosse stata una trappola; lei doveva sapere, a qualunque costo. Così la notte ritornò in quella fatidica casa ma senza entrare di nascosto: stavolta bussando dal portone. Dopo un breve momento di silenzio qualcuno aprì la porta: il vecchio con il suo solito sguardo sorpreso era all'uscio della porta. Il suo volto si ammorbidì nel vedere la ragazza:
- Ciao. Ti stavo aspettando sai? Credo che sia rimasta ancora un po' quella zuppa di ieri. Ne vuoi un po'? -
Con un semplice cenno del capo accettò ed entrò in casa. Si sedette in cucina e guardava l'uomo preparare con cura il suo piatto. Ma la ragazza non era lì per questo: si fece coraggio, fece un lungo respiro e chiese:
- Perché fai tutto questo? Io non sono nulla per te! IO sono una ladra! Ieri volevo derubarti, prendere il cibo per vivere! Ma tu. . . tu. . . -
Dopo tanti anni la ragazzina era ritornata a quella bambina dolce e piagnucolona che credeva di non essere più molti anni fa. Il vecchio non rispose, si avvicinò, le accarezzò la testa e disse:
- Quale mostro d'uomo non offrirebbe un pasto caldo ad una bambina in lacrime dallo sguardo così triste? Troppi bambini muoiono per colpa degli adulti. . . . . è il momento che gli adulti comincino a tutelare di più i propri figli.-
Per quanto tale discorso fosse poco chiaro, la ragazzina percepiva chiaramente la bontà di quelle parole e il calore che emanavano le sue mani. Mangiò con gusto la sua zuppa e dopo tanto tempo ebbe una conversazione amichevole con qualcuno. Il vecchio si alzò poi e chinando il capo disse:
- Scusami per ieri. Sono stato troppo precipitoso e non ho tenuto conto dei tuoi sentimenti. Ma spero vivamente che tu possa venire qui a dormire, almeno qualche volta. Ah che sbadato, non mi sono neanche presentato: mi chiamo Roberto. -
Artemisia disse che ci avrebbe pensato ma poi scorse sul tavolo qualcosa che destò la sua attenzione: un oggetto rettangolare, con spessore, che si apriva dove vi erano pezzi di carta con sopra strani segni incisi sopra. Il vecchio notò il suo atteggiamento e disse:
- Ah vedo che sei anche tu un'amante dei libri eh? Quello è una raccolta di vecchie storie delle Terre del sud. Essere artigiano a quest'età è dura quindi non leggo molto, ma quando posso mi concedo questo piccolo piacere.-
- Un lib. .lbr. . . ro?- domandò Artemisia con sguardo perplesso e confuso.
- Si esatto. Non l'hai mai visto? . . . . Aspetta un attimo! Tu. . . . non sai leggere? -
- Leggere? Tu sai cosa sono questi insegni? Me lo dici? Posso capirli anch'io? Come si fa? -
Il vecchio tirò un sospiro davanti alle mille domande alla ragazza i cui occhi brillavano più delle stelle.
- Beh- affermò il vecchio- pare proprio che dovrai venire spesso da me.-
Da quella notte, Artemisia andò tutte le sere dal vecchio non solo per ricevere un pasto caldo, ma anche per imparare a leggere, e poter conversare con il suo nuovo strambo amico. Gioia, tale era il sentimento che la ragazza riscoprì in quelle serate, un sentimento a lei praticamente sconosciuto. Le notti trascorse divennero settimane, e le settimane divennero mesi e Artemisia imparò non solo a leggere, ma scoprì anche qualcosa di più su un mondo a lei sconosciuto, il mondo degli adulti e del vecchio, un mondo meno pericoloso e violento a cui lei era abituata. Una sera come le altre stava per ritornare al suo rifugio quando il vecchio la fermò dolcemente prendendole il braccio e le chiese:
- Arte dimmi. . . .sei felice di essere con me vero? mi chiedevo. . . . potresti abbandonare il tuo stile di vita, e vivere con me? Con me potresti essere felice; non sarà una vita facile, ma certamente è meglio di come vivi adesso. Tu. . . cosa ne pensi? -
E per la seconda volta nella sua vita Artemisia fù colpita da un'altra domanda così inaspettata che ancora una volta non sapette come rispondere. Ma in cuor suo era felice, felice della proposta che ricevette.
- Ci penserò su. Te lo prometto. -
Uscì dalla porta per incamminarsi verso il rifugio quando sentì Roberto salutarla:
- Torna presto! E ricordati, io sarò sempre qui ad aspettarti, Elena! -
La ragazza si incamminava felice: il cuore batteva forte dalla gioia per la proposta di Roberto: c'era la possibilità di abbandonare finalmente quel mondo che l'aveva privato di tutto. Ma all'improvviso un pensiero le balzò nella mente, bloccando d'un tratto la sua camminata: perché l'aveva chiamata Elena? Ormai si conoscevano da tempo, eppure era la prima volta che la chiamò così. Roberto era un uomo anziano e quindi qualche errore ci stava, ma stranamente un senso di disagio le pervase in tutto il corpo. Senza quasi accorgersene le sue gambe si mossero da sè tornando indietro verso casa di Roberto. Non aveva senso ritornare solo per uno stupido nome, eppure il suo corpo non le rispondeva. Arrivò presto davanti al portone; bussò il portone ma nessuno rispose. L'inquietudine di Artemisia crebbe: di solito era celere nell'aprire il portone. Si diresse verso la finestra vicina ed entrò silenziosamente in casa. Un buio inquietante e un silenzio sovrannaturale dominavano la casa. L'inquietudine della ragazza saliva, ma la sua mente era chiara e il battito del cuore regolare. Poi udì dei rumori verso la cucina, così silenziosamente si diresse lì. Una piccola luce di candela illuminava la stanza, con il corpo di Roberto disteso per terra insanguinato e due ragazzini che cercavano di rubare più cibo possibile. Aveva visto nella sua vita molti cadaveri, ma nessuno era Roberto; loro erano entrati in casa di Roberto; loro avevano assalito Roberto e lo stavano derubando. Senza neanche emettere un suono, si diresse verso il ragazzo più vicino, prese il coltello sul tavolo e lo sgozzò senza esitare. Il suo compagno tentò di fare qualcosa, ma la ragazza mise subito la mano in bocca e lo pugnalò nello stomaco. L'ultimo sguardo del ragazzo era pieno di dolore e paura, quasi a supplicare pietà: ma davanti al nero della notte non c'era scampo. Nessuna preghiera l'avrebbe salvato da quella figura così fredda e implacabile.
Subito dopo accorse da Roberto cercando di bloccare la ferita: più e più volte invocò il suo nome ma senza successo. Poi pian piano Roberto aprì debolmente gli occhi e vide il volto di una ragazza insanguinato e preoccupato.
- Sei tornata! - sospirò Roberto - Sei tornata da me figlia mia! Mia piccola e dolce Elena! -
Gelo. Una mano gelida teneva strettamente il cuore di Artemisia gelando l'intero corpo. Le parole che mai avrebbe voluto sentire stavano penetrando profondamente nel corpo come tante frecce nel petto.
- Sapevo che non eri morta. Lo sentivo che non potevi essere morta. Eccoti qui invece. - disse debolmente Roberto allungando la mano cercando di toccare i suoi lunghi capelli ribelli.
La sua voce stava diventando sempre più flebile e il suo corpo sempre più freddo.
- Ora che sei qui. . . . finalmente. . . . . potremo es. . . sere una famiglia. . . . di nuovo. . . -
E con le lacrime che gli scendevano dal volto e un sorriso debole, Roberto si spense. Di nuovo un silenzio sovrannaturale calò nella casa. Animata da qualche forza sconosciuta la ragazza si alzò e uscì dalla casa, vagando senza meta. Un'illusione. Quelle notti piene di calore ed amore non erano altro che un'illusione. Lui non era gentile con lei, ma con il ricordo della figlia che albergava in lei; le notti in cui le insegnava a leggere, le lezioni erano rivolte ad Elena non a lei; le lunghe chiacchierate e i bei sorrisi, i pasti caldi, erano rivolti ad Elena, non a lei.
- Bugiardo.- disse senza pensarci Artemisia vagando senza meta. Si era appena destata da un bellissimo sogno ed era ritornata a quella realtà che non aveva mai abbandonato. Non uscirono lacrime dal suo volto. Una risata: una forte risata malata partì dal suo volto. E infine capì. Tutto quello che aveva vissuto, le notti felici, il calore di quella casa era solo un sogno; una piccola evasione dalla realtà. Ma lei non apparteneva a quel mondo, a quel sogno: il suo posto erano i vicoli sporchi e luridi; i furti per sopravvivere; le lotte per difendere il proprio bottino. Si, quello era il suo mondo: non di favole e bei focolai. Artemisia la combattiva, la scaltra, la fredda e disillusa ragazza era tornata, e per sempre.
La notizia della strage in quella casa periferica non fece neanche troppa notizia, visto il gran numero di furti e morti in quei sobborghi malfamati. Artemisia aveva ripreso il suo tipico stile di vita, e si gustava la sua bella mela, seduta su un malcapitato che aveva tentato di rubargli il suo bottino. Ella credette che la sua vita non sarebbe più cambiata, ma non poteva immaginare che l'improvvisa apparizione di un uomo vestito di nero avrebbe cambiato in maniera radicale il suo futuro.