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Occhio per Occhio [Lochnir - Hankegami]
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12-10-2012, 03:17 PM
Messaggio: #66
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Occhio per Occhio [Lochnir - Hankegami]
Citazione:"parlato"Fu come se il suo cuore fosse scoppiato. E che tale scoppio l'avesse sbalzata verso l'alto. Divina nemmeno s'accorse del proprio Yoki che stava impazzendo, mentre i muscoli dorsali rigonfi sbalzavano via gli spallacci della sua armatura ed il suo corpo si faceva via via più mostruoso. Luce. Luce. E aria. Se ne rese a malapena conto d'essere uscita dall'acqua sotto un vento flebile ed un tiepido calore che le baciavano la pelle; avvertì solo un dolore dolce, il male del fuoco estinto nei polmoni grazie all'aria che vi si immetteva. Aria fresca, una dolce musica per il suo sangue, campane a festa per la sua mente, balzo del suo Yoki nella gioia. Troppa grazia. Troppa, appunto. Divina era già a malapena consapevole d'essere Divina, e quello fu il colpo di grazia. Quasi un fuoco di candela ravvivato dalla folata di vento un attimo prima d'essere spento dalla stessa. Ebbe a malapena la sensazione di ricadere inerme nell'acqua, e neanche s'accorse d'aver iniziato a galleggiarvi sopra. Era il Sole, l'ultima cosa che aveva visto in alto nel cielo? Perché era buio? Dov'era la sua forza? Era lì, la sentiva; ma perché si stava facendo sempre più debole? Lo vide con la coda dell'occhio: un falò alle sue spalle. Così bello, così caldo. Si voltò subito. E lo vide spegnersi all'istante in una nube di fumo. Buio. Di nuovo. Sentì la paura salirle. "Teresa!!"
Cos'era quella voce? Stava chiamando qualcuno... Si voltò, spaesata. Nel buio apparve una sagoma umana, piegata su se stessa, sofferente. La figura chiamò di nuovo, con voce strozzata e dolorante. "Teresa!!!" Dal nulla apparve la Luna, piena in una notte senza stelle. Dov'erano le stelle? Ma lei non ci fece davvero caso: i raggi lunari delineavano ora meglio la figura: era una ragazzina. Piccola, magra, coi capelli bianchi; vestiva un candido abito aderente e teneva nella destra una claymore senza marchio. La ragazzina alzò con fatica la testa. E lei si spaventò. Il volto era mostruoso, ricoperto di vene pulsanti e con un'enorme, orrenda bocca piena d'enormi denti aguzzi che ansimava; gli occhi dorati esprimevano il terrore più puro. Le sembrava di riconoscerlo, quel volto deformato. Ma non avrebbe saputo collegarlo ad un nome. L'essere la guardò con occhi disperati, e prese a piangere e singhiozzare; gridò allora di nuovo, a voce alta, rotta e disperata: "Teresa... AIUTAMI!!!" Lei si spaventò: non capiva. Chi era questa Teresa? E perchè quell'essere stava guardando lei? Sentì un peso alla mano sinistra; abbassò lo sguardo: stava stringendo a sua volta una claymore senza marchio; e sul braccio.... indossava una veste bianca aderente, come quella figura sofferente davanti a lei? Era turbata: non capiva. L'essere gridò di nuovo. "AIUTAMI!!!!" Lei si spaventò, e arretrò d'un passo: che cosa doveva fare? Si trovò a voltarsi, a guardarsi intorno: apparvero rocce, terra sabbiosa ed edifici di pietra in lontananza, illuminato tutto dai raggi lunari. Ma non c'era nessuno. Lei non capiva, non sapeva, aveva paura e voleva solo fuggire. Eppure, si sentì gridare, si sentì aprire bocca ed alzare la voce senza volerlo. "C'è qualcuno?!?" udì la sua voce chiedere con chiaro tremore, eppure alta e squillante "C'è nessuno?!? Vi prego, accorrete!! Mia sorella sta male!!!" Sorella? Di chi stava parlando? Avrebbe voluto saperlo. Eppure non apparve nessuno, né questa sorella né nessun altro. Allora l'essere alle sue spalle gridò. "Teresa... SCAPPA!!!" Non riuscì neanche a voltarsi, che una forte luce ed un boato tremendo riempirono l'aria e la fecero attetrare. Yoki, le suggerì un remoto angolo della sua anima, Yoki in quantità impensabili. Al boato si sovrapposero quasi subito dei versi inconsulti, tonalità primordiali, mentre un agghiacciante rumore d'ossa si sostutuì presto al fragore nel frattempo svanito. All'essere apparvero ali, ali d'uccello ma nere come la notte, e tra i capelli affiorò una corona di corna; il tronco si fece svariate volte più grande e spesso, e le gambe persero consistenza e divennero un'immensa gonna fluttuante, come di seta. La figura torreggiò nella notte. E gridò con voce di corno. "... WOOOOOOOOOOOOOHHHHHH!!!!!!!!!!!!!" Al petto teneva un coniglio bianco, dal pelo morbido. Era una pelle riempita di paglia e di pasta vitrea, ma era caldo e le bastava. Quel suono terribile fece scuotere le pareti di casa, e lei prese a tremare. Dal buio del corridoio emerse all'improvviso una figura, anzi due, anticipate solo dal suono dei loro passi concitati: era una vecchia donna, coi capelli bianchi raccolti in una rete e curva sotto una pesante pelle d'orso che la copriva quasi tutta sopra i suoi abiti di lana spessa; teneva per mano un bambino paffuto dai capelli rossi che si copriva gli occhi che piangevano con la manina libera. L'anziana donna corse verso di lei appena la vide, ma non fece in tempo a chiedersi perché: una voce, una voce che credeva d'aver già udito, parlò calma e solo un pò tesa in quel momento al suo fianco. "Nonna, cosa sta succedendo?" Lei si voltò stupita, e si rese conto che al suo fianco c'era... lei stessa. Sì, lei stessa: il suo volto magro eppure gentile, i suoi capelli biondi come il grano maturo, i suoi occhi tra il grigio e il verde come le pietre sotto l'acqua dei torrenti; era lei, vestita d'una pesante vestaglia di lana e determinata in volto nonostante gli occhi tradissero apprensione. Ma se lei era lei, chi era lei? Non potè rispondersi, perché udì una voce roca d'anziana rispondere: "Non lo so, tesoro mio, solo Dio lo sa. Possiamo solo metterci al sicuro: seguitemi, piccole mie, e in fretta!" Lei allora annuì, e la prese per mano. Non capiva. E, di nuovo, non avrebbe potuto capire. Il tetto crollò con un immenso fragore e tra la polvere dei calcinacci, in un punto della casa lontano da loro, e la luce della luna filtrò per la casa. E lui la oscurò di nuovo. Lo vide, una sagoma nera che si stagliava sotto il cielo, proteso verso l'apertura sul tetto. Un essere con due enormi corna, e braccia nerborute dotate di enormi ed innaturali artigli affilati. Dovette notare che le corna erano troppo poche, e mancavano le ali. Ma rispetto a cosa? Di nuovo, non ebbe modo di rispondere. "Teresa!! Le torce!!" Si sentì scrollata per il braccio, e si voltò: era lei, lei che la stava guardando con fare deciso. Sensì in quella un insieme di grida, e ne cercò l'origine: uno sciame di uomini e donne stavano salendo le scale verso il tetto brandendo archi, lance, forconi e, appunto, torce. Si sentì scrollare di nuovo. "Prendiamo anche noi delle torce, e combattiamo insieme agli adulti!" All'improvviso, lungo tutta la casa fiammeggiavano torce appese alle pareti, come se ci fossero sempre state. Lei esitò: aveva paura. Paura di quell'essere, di se stessa, di tutto. Guardò di nuovo lei: era sempre decisa. Si liberò dalla sua stretta, e scese in fretta le scale seguendo l'anziana donna ed il bambino che teneva per mano. "Ti ha sempre fatto paura, prendere decisioni. Non è forse così?"
Lei alzò la testa: era di nuovo fra le rocce e la sabbia, ed era inginocchiata davanti a se stessa, a se stessa coi capelli bianchi e gli occhi d'argento, una candida veste aderente addosso ed una claymore senza marchio in mano. Si stava guardando, e si stava guardando con sufficienza e disprezzo. Sentì il proprio corpo come tremare, un sussulto involontario: cos'era quel calore che sentiva? Abbassò lo sguardo: la sua pelle era percorsa da nervi scoperti e pulsanti, i muscoli gonfi e le unghie delle mani orrendamente grosse e aguzze. Il cuore le mancò un battito: i ruoli si erano invertiti! "Lo sai che non è vero." quasi le replicò la se stessa in piedi, deridendola nel tono "Sei com'eri fino a qualche istante fa. Ricordi?" No, non ricordava. Lei aveva sentito il petto bruciare, il buio avvolgerla, il freddo ghermirla, non questo! Fece quasi per ribattere, ma si fermò: anche i denti erano tremendamente aguzzi, oltre ogni norma. "No, non ricordi." decise la lei stessa in piedi, scocciata "O meglio, non vuoi ricordartene. Non hai nemmeno voluto accorgertene prima: avevi paura, vero?" Paura? Cos'era la paura? Anzi, l'aveva provata più volte, da quando si era immersa nel buio.... o no? Si sentiva inquieta, a dover decidere. "Inquieta... Bell'eufemismo. Quella è paura, sorellina." Alzò gli occhi sulla se stessa in piedi: paura? Sorellina? Perché non riusciva a capire? Perché non si sentiva sicura, padrona di sé, conscia che tutto stesse andando bene? "Perché non ti ricordi più nemmeno di questo, ora." Con la mano libera la se stessa in piedi stava reggendo un libro rilegato in pelle; spesso, ingiallito... e familiare. Che cos'era? "Non te lo ricordi, vero? La nonna lo teneva in mano, quella notte... ma tu l'hai ricordata senza, vero?" La nonna? La vecchia col bambino? No: non aveva nessun libro in mano, ne era certa. Si sentiva sempre più confusa. La se stessa in piedi sospirò. "Hai sempre avuto paura, Teresa. Paura di affrontare quel mostro, paura di aiutarmi... E paura anche di vivere da sola, non é così? E' per questo che ti sei assuefatta di questo." La se stessa in piedi gettò con disprezzo il libro a terra. "Mi sono sempre chiesta perché tu sia diventata una Guerriera d'Attacco, Teresa. Io, lo so perché diventai una di Difesa: volevo proteggerti, farti da scudo, non lasciarti mai sola... non potevo neanche permettermi di morire. Ma tu? Hai sempre pianto, sei sempre fuggita, non hai mai brandito davvero quell'arma prima d'impazzire. Perché sei diventata una Guerriera d'Attacco?" La domanda rimase sospesa nell'aria: non avrebbe saputo rispondere. Il suo corpo pulsava, e l'inquietudine - la paura - si riaffacciò in lei: srebbe diventata come... come...? "Quindi te ne sei resa conto." osservò d'un tratto la se stessa in piedi "Del legame tra il mostro di quella notte e quello che diventai io. Come non accorgertene? Potevi percepire il mio Yoki impazzire, e dentro, dentro di te ti sei accorta che anche il tuo stesse impazzendo." Le si serrò la gola: aveva ragione! La se stessa in piedi invece scrollò la testa. "Sai, in realtà so perché sei diventata una Guerriera d'Attacco. O meglio, lo sai tu: in vita, io non l'ho mai scoperto. Ma ora che sono in te, lo so eccome."
La guardò dritta negli occhi. "Tu, avevi bisogno di me: ti eri resa conto che da sola non avresti retto - e, vedendo com'è andata, avevi ragione. Quello che t'importava era che io sopravvivessi, che restassi al tuo fianco, che ti sorreggessi; non era necessario, invece, che sopravvivessi tu. Non sei davvero capace di amarti se non in maniera distorta, non è così, Teresa?" Lei sentì come qualcosa montarle dentro: perché le parlava così? Perché aveva quegli occhi sofferenti? E perché parlava di questa Teresa?!? Non riuscì più a trattenersi e lo gridò con voce roca: "... Basta! Perché mi chiami Teresa?! Chi è questa Teresa?!? Io non sono quella persona!!! Io mi chiamo - mi chiamo..."
Si bloccò. Come si chiamava? Non Teresa, ne era sicura. Ma allora come? La se stessa in piedi rise. Una risata amara, senza gioia. E le rivolse un sorriso disgustato. "Oh, lo so: ti sei dimenticata come ti chiami. Non sei più Teresa, perché senza di me non potevi vivere, ed hai deciso che allora Teresa morì con me. Ma non sei nemmeno Divina, qui dentro: le sovrastrutture logiche, il castello in aria che Divina s'è costruita per non avere paura di se stessa, qui dentro non ha spazio. Ci siamo solo noi, qui dentro, i tuoi incubi, i ricordi che hai sepolto nel tuo inconscio; qui sei nuda di fronte alle tue paure, qui sei ancora come ci hai lasciate, sei chi eri quando ci hai rinchiuso." Sentì freddo, in quel momento: com'era possibile? Lei non sentiva mai freddo! Abbassò lo sguardo: era nuda! Nuda, nella mostruosità di quel corpo!! Potè a malapena stupirsene. Un boato le fece rialzare lo sguardo. La se stessa in piedi aveva ora gli occhi dorati, ed il suo Yoki - lo sentiva - si stava espandendo. "Qui dentro, tu sei te stessa." Come un passo di danza elegante, apparvero le corna e le ali, la gonna di seta ed il torace massicio. Il mostro la torreggiò, e sorrise. "Tu sei Teresa." Un sibilìo di vento accompagnò quelle parole, ed alcune stelle apparvero solitarie in quella notte buia. Lei alzò lo sguardo, ed il mostro fece lo stesso: erano davvero stelle brillanti, dalla luce argentea. No, non erano stelle. Delle Claymore - quante? Non riuscì a contarle - caddero dall'alto gettandosi con le spade contro il mostro; questi le osservò come rapito, senza dire nulla. E loro, una dopo l'altra, affondarono le loro lame dentro di lui. L'enorme bestia urlò, ed il sangue schizzò ovunque mentre il suo corpo veniva dilaniato. Lei osservò ciò senza dire nulla, scioccata da tutto quello che era accaduto e stava accadendo. Non aveva già visto qualcosa del genere? Non riusciva a ricordarselo. Presto finì tutto, e con un ultimo affondo un pezzo di braccio cadde a terra dalla massa informe, proteso come verso di lei; guardò quell'arto ipnotizzata: dove aveva già visto, una cosa del genere? Un rumore metallico le fece alzare la testa. Le Claymore, le spade alte e sanguinanti, gli occhi argentei spietati, stavano avanzando verso di lei. Sentì il cuore batterle a mille: che volevano farle? Sembravano quasi, quasi... Lei non era un mostro!! Fece quasi per gridarlo, quando accidentalmente abbassò il capo. E lo vide: vide il suo corpo gonfio e pulsante, orrendo e deformato. E nudo. Non era forse mostruoso? Sentì le lacrime caderle sulle guance: no, no, NO! Lei non era un mostro! Non aveva massacrato la sua famiglia, non aveva ucciso sua sorella, non aveva fatto niente di niente!! Riuscì a gridarlo. "Io non sono un mostro!!!"
Ma le Claymore parvero non averla udita. Continuarono ad avanzare, le spade alte e gli occhi freddi. Lei si sentì gelare dentro. E non le rimase che urlare la sua paura. "NNOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!" Non voleva! Non voleva diventare un mostro! Non voleva morire da mostro! Voleva la sua famiglia, sua sorella, il suo letto, la sua stanza! Voleva la sua sicurezza, le sue certezze, il suo rifugio! Non voleva essere Teresa! Voleva solo una cosa. Tornare indietro. Andare via da lì, via dal buio. Tornare. Alla Luce. Citazione:Yoki utilizzato: 70% -> 0% ___________ Di queste case Non è rimasto Che qualche Brandello di muro Di tanti Che mi corrispondevano Non è rimasto Neppure tanto Ma nel cuore Nessuna croce manca E’ il mio cuore Il paese più straziato |
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