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Samadhi [Autogestita - Nardo]
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22-03-2016, 10:41 PM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 22-03-2016 10:43 PM da Nardo.)
Messaggio: #1
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Samadhi [Autogestita - Nardo]
[-Pensato-] [Parlato] [Parlato da altri] Seayne era tornata a casa… se così si poteva definire l’anfratto nel quale si era rifugiata da quando era stata assegnata a quel territorio. Già sapeva di dover fare fagotto e cambiare destinazione ma, prima di partire, c’era una cosa che sentiva di dover assolutamente fare. Le rivelazioni del maestro Duncan sul destino finale delle guerriere, ovvero il risveglio, e anche tutto quanto accaduto nel villaggio di Shaemoor, nonché l’ultima esperienza vissuta nella biblioteca di Staph avevano instillato in lei un dubbio. Infatti, nonostante la sua costante e rigida applicazione dei principi lasciategli in eredità dal maestro Tahzay, finora i benefici che si attendeva erano stati piuttosto scarsi… -Forse perché le assunzioni che avevo fatto all’inizio erano sbagliate?- La guerriera albina decise di ricominciare tutto dall’inizio. Così di primo pomeriggio, bevuta soltanto un po’ d’acqua, si sedette nella posizione del loto in mezzo all’erba sulla riva del ruscello che scorreva in prossimità del suo rifugio e, come sempre, iniziò modulando la sua respirazione. Parecchi minuti passarono mentre Seayne s’immergeva sempre di più profondamente nella sua meditazione e i suoi sensi si ritraevano dal mondo materiale. La guerriera procedeva con grande cautela, quasi bloccata dalla paura dell’ignoto e tormentata da dubbi insinuanti. Si teneva stretta alla sua coscienza, il che le dava la sensazione di appigliarsi a qualcosa. A occidente il sole iniziava a scendere lentamente verso la sera. Per tutto il tempo, i suoi pensieri rimasero fissi sulle cose che aveva appreso. Ed ecco che a un certo punto, nella sua mente, una massa nebulosa, confusa, iniziò a delinearsi meglio a ogni istante che passava. Lentamente, com’era accaduto con l’apprendimento di Polaris nell’allenamento in biblioteca, quel costrutto della sua mente assunse il suo stesso aspetto, bianco, esile e immobile, ma con la mostruosa cicatrice dovuta all’intervento che l’aveva resa una mezza demone che brillava di una malsana luce violacea: c’era vita in essa, Seayne ne era sicura. Poi, dopo un istante che sembrò un’eternità, dalla cicatrice iniziò a dipanarsi sull’immagine una ragnatela di striature violacee contorte come i viticci di una pianta rampicante, come le vene che si ingrossavano quando Seayne rilasciava il suo yoki, e la figura stessa iniziò a mutare aspetto, mentre la vita che vi allignava assumeva forma e consistenza diverse, stagliandosi contro l’ampio sfondo della mente della guerriera albina. La creatura divenne grande, artigliata, con gli occhi felini che brillavano di un’intensa luce dorata, il corpo nudo deformato dal modo in cui la sua natura aberrante l’aveva riplasmato. E sugli avambracci, sui polpacci e sui fianchi spuntavano delle strane penne e piume, cresciute in modo sproporzionato, mentre sulla sua testa, i lunghi e incolti capelli mutarono anch’essi in penne e piume, assumendo tra la sommità del cranio e il collo l’aspetto di due coppie di ali: un paio più grandi e due più piccole. Il colore della creatura non era più il candido pallore della guerriera albina, ma un bianco grigiastro, spento, come la neve quando inizia a sciogliersi. -Questa… sono… io…?- Seayne ebbe l’impressione di provare caldo, un caldo che veniva da dentro di lei: le sembrava di essere in uno dei più arroventati giorni d’estate, quando crepe si aprono nella terra arida, l’erba diventa di un giallo scuro e l’acqua di superficie si riduce in polvere. Lo yoki, l’energia demoniaca che le conferiva i suoi poteri sembrava avere qui la sua sorgente di vita, e si levava da quella creatura e da lei stessa in ondate sincronizzate che le davano la nausea, come ai tempi della sua trasformazione in mezza demone. Dapprima, pur essendo Seayne cosciente che si trattava di sensazioni, non di realtà, fu quasi insopportabile. Ma man mano che il suo respiro continuava con cadenza regolata, il calore e la nausea smisero di aggredirla, e rimase soltanto la visione della creatura orrenda, che non poteva essere cancellata. E poi c’era un sibilo e il ritmo con cui il petto della creatura si alzava e abbassava, come se il suo corpo stesse respirando. E, con la stessa certezza che quell’essere mostruoso era una cosa viva, un essere unico e che, come tale, poteva agire e sentire, Seayne capì che la guardava, che la osservava e aspettava. Ma lei tenne duro. Non poteva nemmeno prendere in considerazione l’idea di rinunciare. Per giungere in questo punto, in questo tempo, aveva compiuto un viaggio lungo, estremamente faticoso, che era costato molti sacrifici. Delle vite si erano perse e il carattere dei sopravvissuti era stato cambiato per sempre. Anche lei non era più la ragazza di un tempo, poiché lo yoki l’aveva riplasmata in qualcosa di nuovo, terribile. Trasalì a quell’ammissione che le costava tanto. Era cambiata, ed era stata colpa dello yoki… Beh, forse non era un vero e proprio cambiamento, forse aveva acquisito semplicemente una nuova capacità di discernimento. Forse, conoscere il potere spaventoso che le era stato instillato le aveva semplicemente mostrato quello che era sempre esistito in lei e lei era quella che era sempre stata e non era cambiata affatto. Forse la differenza era semplicemente che, ora, sapeva. Queste riflessioni deviavano appena la sua attenzione dalla creatura frutto dei suoi pensieri. Si concentrò nuovamente su di essa, scrutandone ogni minimo particolare, soffermandosi sull’intrico aggrovigliato di penne e piume che ne costituivano le ali e, soprattutto, sul vibrare della vita radicata in essa, con quel suo respiro che sibilava in una cadenza costante, guidata dagli stessi suoi respiri. Nella figura immobile, non vi era nessun altro segno del suo legame con lei. Eppure da qualche parte, in quell’essere, era nascosta l’essenza stessa della guerriera albina. Come poteva trovarla? I am the one, the only one! I am the god of kingdom come! Gimme the prize!
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