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[In Missione] Scheda di Seayne (Nardo)
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11-06-2012, 01:59 AM
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 25-01-2014 12:11 AM da Kelsier.)
Messaggio: #3
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Scheda di Seayne [Nardo]
CAPITOLO II - Inquilino Indesiderato
Erano passati alcuni giorni dalla Cerimonia del Rango quando Seayne, ora una guerriera graduata a tutti gli effetti con il numero 44, era stata avvisata che Mastro Araldus, il suo precettore, richiedeva la sua presenza. Senza indugio si diresse verso i suoi appartamenti. Come la prima volta, prima di entrare si ricompose e bussò educatamente alla porta di quella che sembrava a tutti gli effetti più una vecchia biblioteca che una stanza per riposare: Araldus si trovava in mezzo a librerie zeppe di libri e tomi impilati un po’ dappertutto, esattamente dove l’aveva visto la prima volta. L’uomo in nero le ordinò di andare a ovest nelle Terre del Centro presso il villaggio di Trem, laddove avevano trovato diversi cadaveri privati delle interiora, opera sicuramente di uno yoma. Le ultime istruzioni che le diede Araldus furono di raggiungere Trem, incontrare il Capo Villaggio il quale aveva già versato il compenso, e parlagli e di agire in fretta, perché il villaggio era a poca distanza dalla città di Rabona, le cui milizie che perlustravano le terre del Centro erano ostili all’Organizzazione e alle sue guerriere. L’uomo in nero terminò ammonendo la guerriera a non farsi prendere, prima di chiosare con minacce di ritorsioni fisiche in caso di fallimento... Seayne si mise celermente in cammino, le ci sarebbero voluti due giorni di viaggio per raggiungere Trem: vista l’urgenza, decise di percorrere al contrario la pista che aveva utilizzato quando era rientrata dalla sua missione di prova, che era la via più diretta per raggiungere le terre centrali. Questo le riportò alla mente il ricordo di Stephan, un ricordo che le causava ancora un certo turbamento, pensieri che si sforzò di cacciare, concentrandosi sulla missione e a chi gliel’aveva affidata: Mastro Araldus: per quanto lo trovasse bizzarro e le incutesse un certo timore, era stato lui a darle fiducia e a permetterle di graduarsi, perciò era contenta di svolgere questo incarico per suo conto. Seayne marciò decisa, ignorando il caldo opprimente: gli stivaletti metallici che proteggevano i suoi piedi le consentivano un’andatura più spedita, rispetto a quanto aveva potuto fare la prima volta che, scalza e con addosso soltanto l’uniforme da novizia, era uscita da Staph. Inoltre il tempo si mantenne stabile durante la marcia, permettendole di procedere senza problemi. All’alba del secondo giorno di marcia, la guerriera avvistò una figura incappucciata, che sembrava attenderla lungo il sentiero: educatamente la guerriera la salutò, ma la persona, una ragazza a giudicare dalla voce, replicò soltanto che era stata mandata dal Capo villaggio di Trem per condurla a destinazione, ammonendola di fare presto. Senza aggiungere altro, la ragazza si voltò e si mise a camminare a ritmo sostenuto lungo la strada, proseguendo lungo la via che portava alle terre centrali; Seayne si presentò e tentò di chiedere alcune informazioni in più riguardo la situazione al villaggio, sondando la sua compagna con le sue percezioni, senza peraltro scoprire nulla: la ragazza non era uno yoma e le rispose di attendere e di fare silenzio, per evitare che qualcuno si accorgesse di loro. Siccome la giovane sembrava conoscere i dintorni e le insidie che vi si nascondevano, Seayne decise di fidarsi per il momento della sua compagna e di farsi guidare da lei. Ricordandosi infine delle buone maniere, durante la marcia la ragazza si presentò: il suo nome era Rebecca. In silenzio le due donne camminarono per tutta la giornata e, a sera, Rebecca non diede segno di volersi fermare, con Seayne che ammirò la sua determinazione e la sua resistenza alla fatica. All’alba del giorno dopo, Seayne avvistò all’orizzonte i contorni di un villaggio: Trem era oramai vicino. Come la guerriera temeva, Rebecca iniziava a palesare segni di stanchezza per quella lunga marcia, per quanto tentasse di non darlo a vedere; all’improvviso, Rebecca ruppe il silenzio, avvisando la guerriera che il Capo villaggio le attendeva all’ingresso e chiedendole di indossare il suo mantello per evitare di dare nell’occhio perché i guerrieri della città santa potevano arrivare in qualsiasi momento ed essi erano ostili alle guerriere, sostenevano infatti che esse avessero venduto il loro corpo ai demoni. Sorvolando su quella sciocca superstizione, Seayne ringraziò e indossò il mantello. Insospettita da tutte quelle precauzioni, la guerriera si chiese come mai non le avessero ordinato di prendere il farmaco inibitore dello yoki, in modo tale da passare inosservata: la risposta che si diede era la mancanza di tempo! Trem era vicina a Rabona, quindi probabilmente ricadeva sotto la sua influenza. Però avevano uno yoma che infesta il loro villaggio e sapevano che solo una guerriera poteva affrontarlo. Ma se avessero palesato di aver chiesto aiuto all’Organizzazione, probabilmente avrebbero avuto dei problemi politici con le autorità di Rabona, quindi che fare? Chiamare lo stesso, in gran segreto una guerriera, approfittando di un periodo nel quale speravano che non ci sono pattuglie in giro, chiedendo che la stessa arrivi il più velocemente possibile, sperando che riesca a eliminare lo yoma rapidamente, prima che “qualcun altro” si accorga di lei. Quindi se Seayne avesse preso il farmaco prima di arrivare a Trem, avrebbero dovuto attendere che l’effetto finisse, perdendo altro tempo. All’alba del nuovo giorno, le due donne arrivarono all’ingresso principale del villaggio… Un gruppo di persone le stava attendendo. L’attenzione di Seayne venne catturata da un uomo di mezza età che indossava un mantello simile a quello che portava Rebecca e che ora indossava lei. Poteva essere il Capo villaggio di cui Rebecca le aveva parlato? La guerriera pensava di sì. La voce dell’uomo, era sgradevole alle orecchie di Seayne e che, tuttavia, parlava con tono autorevole, ammonì di seguirlo e mantenere il silenzio, mentre un gruppo di persone che lo attorniavano si disposero tutt’attorno alla guerriera, mettendosi al passo con lei, costringendola ad avanzare ancora all’interno del villaggio. La cosa irritò Seayne, che comunque si mantenne al passo. La strana processione arrivò davanti a quella che aveva tutta l’aria di essere una locanda; all’ingresso, un omone dal naso rubicondo e provvisto di un paio di baffoni arricciati in un modo che Seayne giudicò buffo sembrava attendere, tradendo il suo nervosismo sfregandosi le mani su un grembiule che probabilmente non vedeva acqua e sapone da settimane: il locandiere? Probabilmente sì. Il Capo villaggio si rivolse direttamente a lui, chiamandolo Olter e chiedendo se avesse predisposto il tutto… Tutto cosa? Il massiccio locandiere fece un eloquente cenno d’assenso col capo, ma se qualcuno avesse sbirciato sotto il cappuccio di Seayne, avrebbe visto che il suo volto, solitamente improntato al sorriso, ora era veramente serio e che tradiva i segni di una inequivocabile tensione. Le sue braccia erano incrociate sotto il mantello e i pugni stretti, la mascella serrata, quasi a impedire che parole inopportune le uscissero dalla bocca. La guerriera decise di mantenere la calma e cercò di sondare i dintorni con le sue percezioni mentre continuava a seguire quella strana processione: esercizio inutile. A una parola del Capo villaggio, il locandiere si fece da parte e il gruppo al completo, compresa Seayne, entrò nella locanda. Olter, facendo segno di seguirlo, si diresse dietro il bancone, verso una porta in legno la quale dava su di un’altra stanza, forse un magazzino, al centro del quale però, un grosso anello di ferro arrugginito sembrava fissato al centro del pavimento. Il locandiere afferrò il pesante anello e, sforzando non poco, lo tirò a se: tra scricchiolii e cigolii, una botola si aprì nel pavimento. Olter accennò un inchino nei confronti della giovane guerriera, mentre il Capo villaggio la esortava a scendere di sotto. Inizialmente Seayne rifiutò, chiedendo gentilmente, ma fermamente, spiegazioni, ponendosi in una posizione tale da non essere accerchiata. Il massiccio Olter la zittì sonoramente, e questo non fece altro che aumentare l’irritazione di Seayne ma, prima che la guerriera replicasse, il Capo villaggio, s’intromise, chiedendole nuovamente di scendere, ma fu solo grazie all’intervento di Rebecca, la quale si rivolse all’uomo chiamandolo “padre” la quale rassicurò la guerriera che tutte quelle precauzioni erano per la sicurezza sua e loro, che Seayne si convinse a scendere, comunque non per prima. Nessuno obiettò al gesto della guerriera e le persone iniziarono a scendere nella botola: Seayne scese per terza e si stupì di quello che vide: là sotto era stata ricavata una vera e propria stanza, dotata di tutto il necessario, evidentemente preparata per lei. In alto, la luce del giorno filtrava da una piccola finestra. Dopo averle dato il tempo di guardarsi attorno, l'uomo incappucciato e dalla voce secca si tolse il mantello, rivelando un uomo di mezz’età dal fisico asciutto e, soprattutto, con un paio d’occhi vivi e vivaci, che ricordavano molto quelli di Rebecca la quale, se Seayne aveva ben capito, doveva essere sua figlia. L’uomo disse a Seayne che poteva soggiornare là fin a quando non avesse completato l'incarico per cui era stata assodata, chiedendole di uscire solo la notte poiché durante il giorno avrebbe potuto imbattersi nella milizia di Rabona. Poi l’uomo, visibilmente preoccupato, le descrisse la situazione: il suo nome era Gull, il Capo villaggio, si scusò con Seayne per tutti quei sotterfugi, presi per evitare problemi con la città santa; avevano chiesto il suo aiuto per eliminare lo yoma che minacciava il villaggio. Avevano trovato i cadaveri di 4 persone... circa uno alla settimana. La milizia di Rabona aveva detto loro che se ne sarebbe occupata ma fino a quel momento non avevano fatto nulla, lasciando la gente di Trem nel terrore. Questo li aveva spinti a chiedere l’aiuto dell’Organizzazione. A quel punto, ritenendosi soddisfatta di quelle notizie, Seayne chiese perdono per il suo comportamento diffidente e si presentò alla comunità, garantendo loro tutto il suo impegno per eliminare lo yoma che insidiava il villaggio, dopodiché rivolse loro alcune semplici domande, con lo scopo di cercare di capire le abitudini dello yoma. La risposta di Mastro Gull non le fu di molto aiuto: le vittime erano quattro fino ad ora, l'unica cosa che avevano in comune era il sesso: tutti maschi; il primo era stato un ragazzino di quattordici anni che si era allontanato verso il torrente per prendere dell'acqua e il cui cadavere era stato ritrovato nel bosco; da allora gli attacchi si erano sempre più avvicinati al villaggio e il quarto cadavere era stato rinvenuto nella piazza principale poco distante dalla locanda. A quelle parole un mormorio si diffuse tra le persone presenti: forse ignoravano alcune delle informazioni appena rivelate? Non c’era né tempo né modo di appurarlo A quel punto Seayne ringraziò il Capo villaggio, dichiarando di voler rispettare la sua richiesta di uscire allo scoperto solo col buio, chiedendo e ottenendo come unica eccezione di uscire di giorno, solo nel caso avesse percepito la presenza dello yoma nelle vicinanze della locanda e promettendo che, non appena ucciso il mostro, se ne sarebbe andata immediatamente da Trem. A quel punto Rebecca le consegnò una piccola mappa del villaggio, che le sarebbe stata utile per sapere come muoversi di notte. Mastro Gull sembrava non sprecare una parola in più del necessario, almeno con lei, ma Seayne lo giustificò a causa della posizione delicata in cui si trova, in equilibrio tra Rabona e l’Organizzazione… Tutto gravava sulle sue spalle e l’uomo appariva decisamente teso, così alla fine, dopo aver chiesto al locandiere di prendersi cura dell’ospite e aver detto a Seayne che avrebbe potuto iniziare la caccia quella sera stessa, iniziò a dirigersi verso l’uscita, seguito subito da sua figlia Rebecca e, via via, da tutti gli altri, per finire con il grande e grosso Olter che fu l’unico a salutarla, sorridendole timidamente da sotto i suoi baffoni, prima di rinchiudere la botola. Rimasta sola, Seayne passò un po’ di tempo a ripassare gli scarsi indizi di cui disponeva, senza peraltro giungere a nessuna conclusione, dopodiché studiò attentamente la mappa del villaggio e poi si diede una rinfrescata e si rilassò, in modo da esser pronta ad agire quella sera. Subito dopo il tramonto, Olter aprì la botola e fece segno alla guerriera di uscire. Seayne si avvolse nuovamente nel mantello che nascondeva le sue fattezze e lasciò il suo nascondiglio. Quando raggiunse la sala principale, notò che alcuni avventori erano presenti, intenti chi a bere e chi a chiacchierare assieme a qualche amico. Seayne non indugiò, prese la direzione della porta e vi si diresse senza esitare, senza però poter evitare di attirare l’attenzione su di se. Dopo pochi passi arrivò alla piazza centrale, mentre gli ultimi abitanti si affrettavano a raggiungere le loro case: a poco a poco il trambusto tipico dei centri abitati si acquietava, lasciando il posto alla tranquillità della notte, spezzata solo dallo stormire delle fronde di qualche albero accarezzate dal vento e punteggiata qua e là dalle luci di qualche finestra, laddove le famiglie si riunivano per la cena nella tranquilla sicurezza della loro casa. Quell’immagine idilliaca rattristò e commosse Seayne, riportando alla sua mente tempi piu felici, strappandole una lacrima di nostalgia, che la guerriera scacciò con un improvviso gesto di rabbia, concentrandosi sulla sua caccia. La sua idea era di recarsi alla piazza centrale, percorrendone i bordi cercando l’odore dello yoma con il suo fiuto e la sua aura con la percezione. Passò un po’ di tempo, senza che Seayne riuscisse a trovare una benchè minima traccia dello yoma il quale, evidentemente, si nascondeva a una certa distanza dalla piazza, sufficiente da non poterne percepire lo yoki, e probabilmente gli zelanti cittadini di Trem avevano ripulito la scena del delitto, cosicché la guerriera non riuscì ad avvertire nemmeno l’odore del suo nemico. Mentre camminava nell’oscurità, riflettendo sul da farsi, un grido squarciò la notte, avvisando il villaggio dell’arrivo della milizia di Rabona! Seayne imprecò mentre sembrava che tutti gli abitanti del villaggio uscissero dalle proprie abitazioni, riversandosi in strada per assistere all’arrivo delle milizie della città santa: in breve tempo la guerriera si trovò immersa nella folla. Mentre la guerriera pensava a una ritirata strategica, si sentì strattonare da qualcuno: quel qualcuno era Gull, il Capo villaggio, il quale le gridò di correre da Olter. Più velocemente che potè, in mezzo alla calca, Seayne s’infilò nuovamente nella locanda, passando davanti a buona parte degli avventori i quali questa volta non fecero una piega quando la videro. La guerriera corse verso il grosso locandiere il quale si sbracciava, indicandole la botola: senza fermarsi Seayne si gettò letteralmente dentro l’anfratto, avvertendo immediatamente il rumore della botola che veniva rinchiusa e lo strascichio di qualcosa di pesante che vi veniva messo sopra. Seayne si concesse un attimo per tirare il fiato, poi cautamente risalì la scaletta fino alla botola, cercando di origliare. La confusione che regnava in strada sembrava aver raggiunto anche l’interno della locanda. Dopo alcuni istanti s’udì il rumore della porta che sbatteva e un diffuso mormorio prese il posto della confusione di qualche istante prima. Una guardia della città santa avvisò tutti che avevano l'ordine di ispezionare ogni edificio perché erano stati informati che una Claymore era stata vista da quelle parti, intimando al locandiere di farsi da parte. Olter rispose con un grugnito, mentre la voce di Mastro Gull replicava che il locandiere era muto e che il piccolo villaggio si affidava alla loro protezione, perciò se avessero visto una strega dagli occhi d'argento li avrebbero sicuramente informati... Un sommesso coro di assensi da parte degli avventori confermò le sue parole. Seayne seguiva l’evolversi della conversazione, si sentiva sola e in trappola ma, a poco a poco, la commedia messa in piedi da Mastro Gull riuscì a tranquillizzarla un po’ e anche a strapparle un sorriso divertito. Sembrava che, oltre ai notabili del villaggio, anche una parte dei paesani fosse d’accordo nel sostenere quella commedia. Ma chi aveva abbia avvisato la milizia della sua presenza? Un paesano molto pio oppure… lo yoma che cercava di eliminarla evitando il confronto? Se così fosse, era stato molto astuto, forse troppo. Sperando che i legionari se ne andassero presto, per essere libera di trovare quello yoma ed eliminarlo, Seayne cercò il modo di bloccare la botola dall’interno, ma con disappunto, la guerriera non riuscì a trovare nessun modo per chiudere il passaggio. Frustrata, non poté fare altro che rimanere a origliare in prossimità dell’uscio… Mastro Gull si lamentava con la guardia perché non erano ancora riusciti a trovare lo yoma che li minacciava al che l’altro, probabilmente l’uomo al comando della milizia della città santa, rispose che il loro compito era garantire la loro sicurezza e che lo Yoma sarebbe stato eliminato non appena lo avessero trovato. Seayne pensò con ironia che avrebbe voluto vedere come avrebbero fatto… chissà, forse avrebbe potuto imparare qualcosa per affinare le sue tecniche di caccia! Seayne, preoccupata che con il caos e con le tenebre lo yoma avrebbe potuto colpire ancora, provava una forte tentazione di richiamare lo yoki e uscire, facendo a pezzi la botola e qualunque cosa ci fosse stata sopra, ma la ragione le sovvenne e cercò di calmarsi: non voleva che qualcun altro morisse a causa dello yoma, ma cosa sarebbe servito se avesse fatto irruzione nella locanda? Soltanto a cacciarsi nei guai e trascinare con se le persone che comunque si erano prodigate per tenerla al sicuro, perciò si rassegnò ad attendere ancora, trasse un respiro profondo, badando comunque a non far rumore, e continuò a origliare la conversazione che avveniva nella locanda, mentre le veniva in mente che probabilmente c’era qualche miliziano in incognito che pattugliava il villaggio. Questo avrebbe potuto spiegare anche perché avessero saputo di lei così presto. Mentre ascoltava, Seayne apprese che le guardie si sarebbero accampate fuori dal villaggio per quella notte, poi udì un rumore di passi che si allontanavano e, qualche istante dopo, la porta della locanda sbattere in maniera piuttosto violenta. Involontariamente, la guerriera emise un sospiro di sollievo, ma percepì una nota di rassegnazione nella voce di Mastro Gull: la faccenda gli era probabilmente sfuggita di mano e, almeno in questo momento, sembrava non sapere che pesci pigliare. Seayne cercò di pensare a un modo per aiutarlo, tipo travestirsi per circolare inosservata anche di giorno, ma doveva prima consigliarsi con Gull e Olter, poi si diresse alla piccola finestra della camera sotterranea, per esaminarla da vicino e valutare se, grazie alla sua snella figura, sarebbe stata in grado, all’occorrenza, di sgusciare fuori da quella parte, quindi si mise in attesa vicino alla botola, sempre cercando di ascoltare quanto avveniva fuori. Dopo circa un’oretta di silenzio, iniziò a bussare cautamente sul pannello di chiusura, nel tentativo di farsi udire da Mastro Olter, senza ottenere risposta. Seayne si sentiva frustrata; smise di battere sulla botola di legno e si massaggiò la mano destra leggermente indolenzita. Bussare più forte? Ricorrere allo yoki e aprire la botola indipendentemente da cosa ci avessero messo sopra? Lo sguardo di Seayne ritornò alla finestrella. Se usciva di là e se le guardie di Rabona si erano davvero accampate fuori dalle mura di Trem, avrebbe potuto fare un giro indisturbata e se lo yoma fosse venuto a dare un’occhiata quando sono arrivate le milizie, forse avrebbe potuto trovare le sue tracce, ritornando poi al rifugio alle prime luci dell’alba, se non avesse trovato nulla. Presa la sua decisione, Seayne spostò un mobile fin sotto la finestrella, badando a non fare rumore e poi salì su di esso per esaminarla e, se possibile, aprirla. Seayne si tolse l’armatura, tenendo solo calzari e bracciali e avvolse il resto nell’ampio mantello che le aveva dato Rebecca, legando il tutto alla guardia della sua claymore; diede un’ultima occhiata alla mappa del villaggio dopodiché risalì sul mobiletto e aprì la finestrella. Dopo essersi sincerata che nessuno percorresse il tratto di strada dal quale si affacciava e aver messo fuori il fagotto con le sue cose, Seayne si apprestò a uscire all’esterno a sua volta, infilando prima la testa, poi il torso, che passò senza problemi, ma quando fu il turno del sedere, la guerriera si accorse di non riuscire ad andare avanti e… nemmeno a tornare indietro! Se la situazione non fosse stata così difficile, con lo yoma da un lato e le guardie di Rabona dall’altro, probabilmente Seayne avrebbe riso di se stessa, per essersi cacciata in quella situazione quantomeno imbarazzante, ma non c’era tempo per lasciarsi andare all’ilarità: doveva cercare di sfruttare quelle poche ore di oscurità che rimanevano. La guerriera si preparò ad attingere a parte del suo yoki per trarsi d’impaccio. Improvvisamente Seayne si rese conto di non essere più sola… lentamente portò la sua mano all’altezza dell’elsa della sua claymore e l'afferrò, poi azzardò uno sguardo per vedere di chi si trattava. Era Rebecca, che stava sgranando lo sguardo alla vista di quella scena. Colta da un dubbio, dovuto al fatto che la ragazza doveva essere stanca dopo due giorni di viaggio ininterrotto, Seayne la sondò con le sue percezioni, temendo che fosse stata catturata dallo yoma dopo il loro arrivo al villaggio. Fortunatamente i suoi sensi le confermarono che Rebecca era, appunto, Rebecca e non lo yoma. A ulteriore conferma, una battuta di spirito della guerriera che mirava a sdrammatizzare la situazione, venne accolta con la freddezza che contraddistingueva la ragazza, che comunque si offrì per aiutarla a trarsi d’impaccio. Seayne non chiedeva di meglio. Rebecca l’afferrò per i polsi e si sforzò di tirarla a se ma non servì a nulla. La guerriera rimaneva incastrata nello stipite. Rebecca si scusò con lei. Seayne era pronta a rinunciare, stava per dire a Rebecca che si sarebbe sforzata per tornare dentro quando, all’improvviso, dalle spalle della ragazza s’iniziarono a udire dei rumori. Sforzandosi di guardare oltre le gambe della compagna, Seayne intravide un gruppetto di quelle che sembravano essere le guardie della milizia: evidentemente avevano deciso di ispezionare la città di notte. Rebecca si sfilò il suo mantello e glielo gettò addosso, coprendo completamente la guerriera e ammonendola di non fare rumore e non muoversi per nessun motivo. Seayne, per ogni evenienza, afferrò saldamente l’elsa della sua claymore e si risolse di rimanere perfettamente immobile... La ragazza giustificò la sua presenza con il sistemare il mantello per bloccare gli spifferi della cantina. Seayne ammirò la scaltrezza della ragazza, ma in quel momento le cose presero una brutta piega: una delle guardie che si era staccata dal gruppo fece una proposta indecente alla ragazza, la quale rispose con un sonoro ceffone. La guerriera voleva alzarsi per dare man forte alla compagna, ma memore delle parole di Rebecca, rimase immobile sotto il mantello. La guardia fece valere la sua forza e prepotenza, rispondendo allo schiaffo di Rebecca con un ceffone molto più forte del precedente, che strappò un lamento alla ragazza e mandò il suo corpo ad accasciarsi vicino a quello di Seayne, mentre nelle vene della guerriera qualcosa avvampò: non era lo yoki, bensì la sua rabbia che stava aumentando. Nonostante tutto, la ragione in Seayne riusciva ancora, sia pure a stento, a tenere a bada la sua rabbia. Disperatamente la sua mente iniziò a pensare a un modo per aiutare Rebecca, senza rendere vano il suo tentativo di nasconderla, mentre la guardia minacciava la ragazza. Seayne avrebbe potuto ignorare quanto accadeva, in fin dei conti le beghe tra gli umani non dovevano interessare a una guerriera dell’organizzazione. Ma il cuore della ragazza conservava ancora in se una scintilla di umanità e lei non poteva dimenticarsi che, se Rebecca era in quella situazione, era anche per colpa sua. Inoltre c’era qualcosa che non le tornava, con quella guardia… Mentre Seayne sentiva Rebecca che iniziava a piangere, e percepiva chiaramente la guardia che solleva con forza la ragazza da terra e iniziava a trascinarla via, la guerriera concentrò le sue percezioni sovrannaturali sull’uomo, cercando anche di capire se altre guardie erano nei pressi, ascoltando eventuali sghignazzi o parole di incitamento o commento. Se fosse stato lui lo yoma sapeva cosa fare, in caso contrario… non appena l’uomo si fosse un po’ allontanato, avrebbe messo in atto un’idea che le era venuta in mente in quei concitati momenti. La percezione di Seayne le confermò che, purtroppo, la guardia di Rabona era un semplice essere umano. Fu una cosa straziante per lei udire Rebecca che piangeva, mentre assieme al suo aguzzino si allontanava da lei. Seayne era risoluta a dare l’allarme, quando un terribile urlo umano squarciò il silenzio della notte, proveniente dalla piazza centrale, mettendo Seayne in allarme; l’urlo terrorizzato di Rebecca seguì il primo grido! Tutti i piani di Seayne andarono a monte, mentre la rabbia della ragazza esplodeva, il flusso di yoki nel suo sangue aumentava e gli occhi della guerriera diventavano dorati e felini. La giovane afferrò con entrambe le mani i lati del muro attorno allo stretto stipite e cercò di puntare le gambe all’interno, con l’intento di darsi una vigorosa spinta in avanti e liberarsi una volta per tutte, anche a costo di distruggere la finestra. Lo stipite della finestra si ruppe sotto la pressione del corpo della giovane e così aveva fatto il tessuto della sua uniforme: la pelle della schiena sotto di essa era escoriata, ma solo una cosa contava in quel momento per Seayne: era libera! Senza quasi esprimere un pensiero cosciente, Seayne afferrò la sua claymore e iniziò a correre verso la piazza, pensando solo ad arrivarci il più in fretta possibile. Quando vi giunse, quel che vide le riportò alla mente le terribili scene della notte in cui perse i suoi genitori e tutti quelli che le erano cari per colpa degli yoma: in una grande pozza di sangue giaceva quel che rimaneva della guardia, ovvero poco meno di metà persona! Dal torace in giù infatti, non esisteva più nulla dell’uomo; lo yoma si era procurato un nuovo pasto… Nonostante tutto, la guerriera provò dispiacere per quell’uomo. Un balbettio incoerente attirò l’attenzione di Seayne la quale, voltandosi, vide rannicchiata a terra la figura tremante di Rebecca la quale, spaventata dalla tentata violenza prima e dall’orrendo spettacolo al quale aveva assistito poi, non era in grado di profferir parola, paralizzata dal terrore. Per non spaventarla ulteriormente, Seayne estinse il flusso del suo yoki, facendo ritornare i suoi occhi al consueto color argento, poi si avvicinò alla terrorizzata ragazza. Il cuore di Seayne soffriva assieme a lei, ricordando cose che non avrebbe voluto ricordare, mentre la mente della guerriera lavorava freneticamente: sapeva che entro poco tempo quel posto sarebbe divenuto un vespaio! Cittadini attirati dalle urla, le guardie di Rabona infuriate per la morte del loro commilitone e lei e, soprattutto, Rebecca nel mezzo! Dovevano andare via! La guerriera, mantenendo calmo e gentile il tono della sua voce, cercò di trasmettere a Rebecca la sensazione che, adesso, era al sicuro. Gentilmente la prese in braccio, come faceva da bambina con la sua bambola di pezza e, senza comunque abbandonare la sua claymore, Seayne iniziò a correre a tutta velocità verso la casa di suo padre, Mastro Gull. Quando vi giunse c’era luce all’interno; la porta d’ingresso si spalancò e un uomo uscì sulla soglia. Seayne arrestò la sua corsa di fronte a Mastro Gull, sul cui volto era dipinta un’espressione allarmata. L’uomo, molto agitato, le chiese cosa fosse successo. Mentre Seayne faceva scivolare delicatamente Rebecca dalle sue braccia in quelle del padre, iniziò a raccontare a mastro Gull tutto quanto era accaduto da quando l’avevano rinchiusa nella botola, senza tralasciare nessun particolare, compresa l’aggressione a Rebecca da parte della guardia di Rabona; concluse il suo rapporto supplicando Mastro Gull di lasciarle riprendere la caccia ma l’uomo, temendo i controlli delle guardie di Rabona, la fece entrare in casa sua, mentre lui andava a parlamentare, lasciando Rebecca alle sue cure: la povera ragazza appariva ancora terrorizzata, tremante e con lo sguardo sbarrato che fissava il vuoto. Nel silenzio della casa, rotto soltanto da qualche occasionale singhiozzo o lamento di Rebecca, la frustrazione si impadronì lentamente di Seayne, che si sedette a terra vicino alla ragazza, tenendosi la testa tra le mani. Mille pensieri le attraversarono la mente, compreso quello di un possibile fallimento della sua missione, mentre la guerriera faceva fatica a dominare la rabbia che la spingeva a mandare tutti a quel paese e uscire per cacciare il suo nemico. Era talmente agitata che non pensò nemmeno di rigenerare la ferita. Il tempo passava lento, senza che nulla accadesse o che Rebecca riuscisse a riscuotersi dallo spavento quando, all’improvviso, s’udirono dei passi che si avvicinavano alla casa e, subito dopo, la porta si spalancò con un sonoro cigolio e Mastro Gull fece il suo ingresso, il viso sconvolto probabilmente da quanto aveva visto. L’uomo, in preda all’agitazione, aveva il respiro affannoso. Dopo alcuni istanti Gull fissò il suo sguardo negli occhi d’argento di Seayne: uno sguardo che chiedeva aiuto, mentre le raccontava che lo yoma aveva ucciso tutte le guardie, tranne due che erano scappati verso Rabona per dare l'allarme. Alla fine l’implorò di agire. Mastro Gull non aveva neanche finito di parlare, che Seayne aveva già inforcato la porta, correndo verso la piazza del paese, con i sensi all’erta e un leggero flusso di yoki che le scorreva nelle vene. L’intenzione di Seayne era di iniziare la caccia partendo dal punto della piazza dove giaceva la guardia troncata a metà e, se non avesse trovato tracce là, si sarebbe diretta verso l’accampamento delle guardie di Rabona. Sapeva di essere ferita, anche se in maniera non preoccupante, sapeva di non aver tempo di recuperare il resto della sua armatura. Non era importante anzi, a pensarci bene, se lo yoma l’avesse vista ferita e senza armatura, avrebbe potuto essere tentato d’attaccarla. Seayne si precipitò velocemente alla piazza centrale in pochi istanti, ma non credeva che lo yoma l’avesse aspettata… Eppure era là! Comparve a circa 30 metri di distanza dalla guerriera: sembrava essere consapevole di quel che faceva, mentre la sfidava, rivolgendole uno sguardo inferocito. Il mostro approfittò di un attimo d’indecisione di Seayne per scattare verso la porta del villaggio, dirigendosi verso il bosco vicino. Seayne lo maledisse, mentre il suo livello di yoki saliva, facendole spuntare una ragnatela di vene pulsanti attorno agli occhi e rendendo i suoi occhi uguali a quelli del suo avversario. Un istante dopo, la guerriera si lanciava all’inseguimento dello yoma, cercando di non perderlo e di recuperare la distanza che li separava. Nonostante fosse protesa a tentare di raggiungere il suo avversario, ricordando la sua prima missione, una parte di lei rimaneva comunque all'erta per evitare eventuali trappole da parte dello yoma La percezione dello yoki di Seayne non fu sufficiente per permetterle di inseguire dappresso il nemico, tuttavia una lievissima traccia del suo passaggio era ancora percepibile e questa, unita all’inconfondibile odore del mostro, costituiva per la guerriera una traccia che riusciva a seguire. La pista condusse Seayne sempre più all’interno della foresta buia anche per i suoi occhi, fino al punto da farle perdere l’orientamento. La guerriera abbassò un po’ il livello dello yoki che le scorreva nelle vene e si addentrò ancora di più nel profondo della foresta, sempre rimanendo aggrappata alla traccia del suo avversario quando, a poco a poco, un nuovo sgradevole odore si mescolò a quello dello yoma: l’inconfondibile odore della morte, che diveniva sempre più forte a mano a mano che la guerriera andava avanti. Seayne si fece prudente e iniziò a muoversi lentamente e con cautela e, spostando cautamente un cespuglio, si accorse che qualcosa si muoveva ai suoi piedi e tutt’attorno, una strana massa bianchiccia, visibile anche nell’oscurità: migliaia di larve di mosca, divoratrici di carogne, si muovevano come un orribile tappeto bianco, strisciando sopra a una piccola radura sporca di sangue e brandelli di viscere! Sopprimendo una protesta del suo stomaco alla vista di quello spettacolo raccapricciante, Seayne non ci mise molto a intuire la terribile verità: aveva trovato la tana dello yoma! A conferma delle sue intuizioni, la voce del mostro le giunse da dietro le spalle: confidando d’averla disorientata a sufficienza, lo yoma le confidò di volerla lasciare nel suo covo, mentre lui avrebbe fatto razzia del villaggio prima di scomparire per sempre. Un fruscio di foglie fu l’ultimo rumore che sentì da parte dell’avversario. No! Non poteva permetterlo! Seayne balzò tra i rami dell’albero più vicino, una grande quercia secolare, raggiungendone la cima con qualche difficoltà a causa dei rami fitti e dell’ingombro della claymore tenuta in mano, ma alla fine sbucò oltre la cima e si guardò rapidamente attorno: Trem era a Ovest, ed era più vicino di quanto credesse! Scese velocemente a terra e iniziò a correre. Seayne aveva sperato di poter percorrere una pista diretta per raggiungere il villaggio, ma gli alberi erano più fitti del previsto e la guerriera fu costretta a schivarli, non potendo certo abbatterli di pura forza. In un modo o nell’altro, Seayne giunse nuovamente presso Trem e una volta là, avvertì nettamente l’odore dello yoma nell’aria… Come mai? La sua presenza aveva appestato l’aria del villaggio, com’era successo a Scramen nella sua prima missione? Oppure l’odore le era rimasto nel naso dopo esser stata nella sua tana? Probabilmente, era l’istinto di cacciatrice della guerriera che, avvistato il suo obiettivo, il villaggio, si era concentrato a trovare il suo avversario, lo yoma appunto. Infatti, pochi istanti dopo averne avvertito l’odore, Seayne percepì nettamente l’aura demoniaca del predatore supremo oltre le mura del villaggio e, se ora l’avvertiva così chiaramente, poteva significare solo una cosa: Stava per scatenarsi! Senza rallentare, Seayne superò le porte del villaggio, diretta verso il luogo dove avvertiva l’aura dello yoma. Le tracce lasciate dallo yoma stavano guidando Seayne nuovamente verso la piazza centrale del villaggio. Fortuna? Intuizione? Istinto? Forse nemmeno Seayne avrebbe saputo dirlo, protesa com’era nella sua caccia, ma qualcosa in lei l’avvertì che, dall’oscurità davanti a lei, cinque artigli le saettavano contro, puntati contro il suo viso: lo yoma voleva affrontarla là? Maledetto! Dopo le guardie di Rabona, voleva far vedere alla gente di Trem che neanche una guerriera dell’Organizzazione poteva sconfiggerlo? Seayne si mise in guardia e vibrò un fendente da sinistra a destra e dal basso verso l’alto, tentando di tranciare gli artigli dello yoma, facendo attenzione che l’avversario non contrattaccasse con gli altri artigli o col suo morso. Lo yoma emise un urlo disumano, che riverberò tra le case del villaggio, quando il colpo di Seayne gli recise tre dei cinque artigli che le aveva scagliato contro. Sullo slancio della sua mossa evasiva, Seayne era intenzionata a rimbalzare sulla sua sinistra, la sua claymore saldamente in mano, per tentare di accorciare la distanza dal suo nemico, ma qualcosa andò storto. Seayne era riuscita, fino a quel momento, a ignorare il fastidio e il bruciore causatole dall’ampia abrasione che si era fatta disincastrandosi dalla finestrella del suo nascondiglio, ma una fitta particolarmente acuta la distrasse in un momento cruciale e la guerriera perse l’equilibrio e ruzzolò a terra, schiena all’aria. Mentre Seayne stringeva i denti, lo yoma intuì il momento di difficoltà della sua avversaria e cercò di approfittarne, deviando i due artigli sopravvissuti al fendente in direzione della schiena esposta della guerriera. Ancora una volta Seayne ebbe modo di accorgersi della mossa del suo avversario e, in quei pochi istanti tentò una contromossa: cercando di ignorare le proteste della sua schiena offesa, la guerriera ruotò su se stessa, tenendo inizialmente la sua claymore parallela al suo corpo, in una mossa che era allo stesso tempo sia difensiva sia offensiva, utilizzando la rotazione del corpo per tentare di vibrare un fendente contro i due artigli rimasti, con l'intenzione di troncarli. La manovra di Seayne, eccessivamente fiduciosa nelle proprie capacità riuscì, purtroppo, solo in parte: uno dei due artigli superstiti venne mozzato di netto, ma il secondo riuscì a entrare nella guardia della guerriera e la colpì in pieno ventre, facendosi strada nelle sue carni fino all’intestino. La guerriera urlò, mentre una violenta esplosione di dolore la pervase, partendo dal punto offeso e propagandosi in tutto il suo corpo. Istintivamente Seayne si piegò in avanti, gemendo dalla sofferenza, portando la mano sinistra nel punto colpito mentre, grazie probabilmente al suo istinto di sopravvivenza, la destra non lasciò la presa sulla claymore. Nel profondo della sua mente sapeva che quell’arma era oramai la sua unica possibilità di sopravvivenza, mentre il suo corpo si contorceva dal dolore La guerriera era cosciente di aver ridato il vantaggio all’avversario mentre, confermando i suoi timori, lo yoma ritrasse di colpo l’artiglio da lei, causando a Seayne un sobbalzo dovuto alla nuova fitta di dolore, poi iniziò a correrle incontro, protendendo nuovamente l’artiglio in direzione della testa della guerriera. Tuttavia quell’atto, assieme all’immagine del volto terrorizzato di Rebecca che le ritornò in mente, ebbero l’effetto di scuotere Seayne: la guerriera, facendo appello alle sue energie, si preparò ad affrontare la carica del nemico… Stringendo i denti per sopportare il dolore, Seayne, viste anche le sue ferite, optò per una strategia più diretta: si sarebbe tenuta pronta per tentare di tagliare l’artiglio in arrivo, cercando poi di spostarsi lateralmente dalla parte del braccio usato dallo yoma, in modo tale da proteggersi da un eventuale attacco dell'altro braccio del nemico. Se ci fosse riuscita, avrebbe tentato in seguito di sfruttare l’impeto della carica dell’avversario per lasciarlo avvicinare quel che bastava per tentare di vibrare un colpo in direzione del suo ventre o, alla peggio verso una gamba. Per tutta la durata dell’azione comunque, si sarebbe tenuta in guardia con la claymore, anche perché c’era qualcosa che non le tornava: perché lo yoma finora aveva attaccato con gli artigli di una sola mano? Cercando di ignorare il dolore del suo ventre in fiamme, com’era stata addestrata a fare, e mantenendosi all’erta per eventuali mosse inaspettate dello yoma, Seayne si preparò ad affrontare la carica dell’avversario. Era stato un azzardo, ma questa volta la grande Stella del Nord fu benevola con Seayne, che riuscì a troncare l’ultimo dei cinque artigli che lo yoma le aveva sferrato contro. Quest’ultimo, forse intuendo le intenzioni della guerriera o forse perché la sua sicurezza era venuta meno, arrestò di colpo la sua carica, rimanendo fuori dalla portata della claymore della sua avversaria. Il dolore al ventre di Seayne era sempre ben presente e la ferita continuava a perdere sangue. Solo lo yoki che le scorreva nelle vene e la rabbia che le bruciava in corpo permettevano alla guerriera di rimanere in piedi, ma per quanto ancora? Doveva inventarsi qualcosa... Una nuova fitta di dolore le riportò alla mente la situazione vissuta nel suo test: lei ferita (anche se stavolta il danno era più grave) e lo yoma con un solo arto a disposizione per lanciare i suoi artigli, il che era l’unica cosa che poteva fare per tentare di abbattere la guerriera. Pensò quindi di utilizzare la stessa mossa finale di allora; aveva solo bisogno che l’avversario si distraesse un attimo. L’occasione giunse qualche istante dopo, quando lo yoma si portò davanti al viso l’arto mutilato… Seayne raccolse le energie rimaste, preparandosi all’attacco… Lo yoma distolse lo sguardo dalla guerriera, per osservare ciò che rimaneva della sua mano: era il momento che Seayne aspettava: la guerriera scattò in avanti, puntando direttamente allo yoma… Sembrò funzionare, almeno all’inizio… Come Seayne si aspettava, lo yoma fu sorpreso dalla carica della guerriera e non poté fare altro che lanciarle contro i suoi artigli senza poter prendere la mira in modo adeguato. Seayne fu pronta ad approfittarne, abbassandosi rapidamente e infilandosi sotto gli artigli del predatore supremo ma, al momento di assestare con la forza delle braccia il fendente che avrebbe dovuto tagliar via gli artigli superstiti, qualcosa andò storto. La guerriera urlò nuovamente quando una fitta più dolorosa delle altre le esplose nel ventre martoriato, probabilmente a causa del movimento troppo brusco. Con il fiato mozzo e l’intestino in fiamme, Seayne cercò di farsi trasportare dall’impeto della manovra per riuscire almeno a mozzare gli artigli dello yoma, ma fu troppo lenta. L’avversario ne approfittò per richiamare rapidamente gli artigli e, velocemente, allungò il braccio per afferrare l’arto dominante della guerriera, bloccandolo a terra. Certo, Seayne aveva sopportato dolori peggiori quando il suo corpo venne trasformato: ma questa situazione, doversi sforzare per combattere con una ferita aperta nel ventre, per certi aspetti era peggiore. Stimolato dal suo istinto di conservazione, lo sguardo di Seayne si fece strada nella cortina di lacrime che sgorgavano dai suoi occhi, in tempo per vedere che il predatore supremo si stava precipitando su di lei a fauci spalancate ma forse… forse… aveva commesso un errore. Infatti Seayne, non potendo contare sul suo corpo per dare potenza al fendente, aveva attaccato brandendo la claymore con entrambe le braccia: il destro era bloccato a terra, ma il sinistro era libero! Non che potesse tirare di scherma con quel braccio però… forse per fare quel che aveva in mente sarebbe bastato... Cercando di non fare movimenti inutili, per non aumentare ulteriormente le sue sofferenze, Seayne aprì la mano destra, lasciando la presa sull’elsa della spada, raddrizzando di colpo il braccio sinistro con la claymore saldamente in pugno, puntata in direzione dell’avversario accorrente. La sua intenzione era di sfruttare l’inerzia della carica dello yoma, tentando nel contempo una stoccata col braccio per cercare di infilargli la punta della spada tra le fauci, con l'obiettivo ultimo di tentare di trapassargli il cervello. L’affondo purtroppo non andò a buon fine. In qualche modo lo yoma riuscì a fermarsi ancora una volta e si trovò nella bizzarra situazione di ritrovarsi con la claymore di Seayne incastrata tra i denti, i quali producevano sul metallo della lama uno stridio da far accapponare la pelle. Nonostante l’esitazione e lo stupore però, i suoi occhi balenavano d’odio nei confronti della guerriera che si rifiutava di morire. Allora il predatore supremo conficcò gli artigli nel braccio dominante della sua avversaria e diede uno strappo, lacerandone le carni. Il pensiero di non morire rintronava nella mente della ragazza, il cui corpo era squassato da una nuova ondata di dolore, proveniente dal braccio destro. Lo yoki e l’adrenalina la aiutavano a rimanere cosciente, ma per quanto? La tentazione di attingere ad altro yoki era forte, ma la ragazza riuscì a resistere. Non c’era parte del corpo di Seayne che non le facesse male tranne… il braccio sinistro! Quasi incredula, la guerriera fece scorrere lo sguardo lungo l’arto, seguendone il profilo fino ad accorgersi che la mano stringeva ancora, disperatamente, l’elsa della sua claymore, la sua fedele compagna di battaglia, che era ancora incastrata tra i denti dello yoma! Forse c’era ancora una speranza… Oramai Seayne non era più in grado di pensare a una strategia complessa, e si lasciò guidare dal suo istinto di guerriera. Emise un grido che non aveva più nulla di umano, mentre concentrava le ultime energie rimastegli nel suo braccio sinistro, cercando di combinare quel che rimaneva della sua forza e il peso dell’avversario, per forzare la lama attraverso le fauci dello yoma, nell’estremo tentativo di decapitarlo all’altezza della sua bocca. Troppo tardi lo yoma capì le intenzioni di Seayne… non poté fare altro che rivolgerle un ultimo sguardo carico di rabbia prima e stupore poi, mentre la claymore della guerriera tagliava a metà la sua testa, separando tutto ciò che stava al di sopra della mascella dal resto del corpo, il quale emise un grande spruzzo di sangue violaceo che cadde in parte sul volto di Seayne, accecandola, accasciandosi definitivamente a terra subito dopo. Seayne avrebbe voluto esultare per la sua vittoria, ma era allo stremo delle forze… certo aveva vinto, ma era stata una vittoria che aveva pagato a caro prezzo: la ferita al ventre, il braccio destro lacerato e, sia pure in misura minore, l’escoriazione alla schiena erano fonti costanti di dolore che minacciavano in ogni istante di obnubilarne i sensi. La guerriera cercò di alzarsi ma non ci riuscì a causa delle fitte al ventre che si propagavano per tutto il suo corpo. Traendo nuove energie dalla consapevolezza di aver vinto lo scontro con lo yoma e, di conseguenza, dall’aver salvato il villaggio di Trem, rimanendo in ginocchio Seayne fece un respiro profondo e iniziò a concentrare la sua energia demoniaca sulla rigenerazione, cercando di chiudere le sue ferite, iniziando da quella al ventre. Seayne aveva appena tentato di iniziare la rigenerazione, quando il suo udito percepì chiaramente delle voci nell’aria frammiste al tintinnare tipico delle armature. Forse che Mastro Gull avesse fatto armare i suoi concittadini, nel caso anche lei avesse fallito? Oppure, ipotesi peggiore, erano arrivati i rinforzi da Rabona? Impossibile dirlo e, come aveva immaginato, gli abitanti di Trem s’erano tenuti a debita distanza dallo scontro, sicché non c’era nessuno a cui chiedere aiuto o consiglio. Compiendo uno sforzo supremo, Seayne fece leva sul braccio sinistro e sulla sua claymore, soffocando a malapena un rantolo quando il suo ventre offeso protestò vivacemente a quello sforzo, cercando di raddrizzarsi in piedi, con l’obiettivo di infilarsi nel vicolo più vicino, tentando poi, camminando lentamente, di raggiungere la locanda, utilizzando la claymore come bastone per sorreggersi e sperando che il corpo dello yoma trattenesse l'attenzione della gente a sufficienza per permetterle di defilarsi. Ogni passo sarebbe stato doloroso, la guerriera lo sapeva perciò, per sopportare meglio, Seayne decise di mantenere il livello dello yoki. Dopo immani sforzi, Seayne raggiunse la locanda e, colta dall’entusiasmo, iniziò a bussare ripetutamente alla porta, dimenticandosi però, con la mente parzialmente ottenebrata dal dolore, di estinguere lo yoki. Cosicché, quando Mastro Olter si precipitò alla porta e si trovò la guerriera di fronte, comprensibilmente si spaventò alla vista del volto mostruoso della ragazza la quale, come se non bastasse, era insudiciata dal sangue suo e dello yoma. E quindi chiuse e sbarrò ben bene la porta, in faccia alla guerriera. Mentre stava quasi per cedere alla disperazione, i sensi di Seayne vennero messi nuovamente in allarme dalle voci indistinte e dai rumori metallici tipici delle armature che aveva avvertito poco prima, oramai erano così vicini da poter quasi distinguere le singole voci. Seayne si appoggiò per un attimo con la schiena contro il muro della locanda, si puntellò con la claymore utilizzando il braccio sinistro, poi fece un paio di respiri profondi e azzerò lo yoki, riassumendo il suo aspetto normale e gemendo a causa della nuova ondata di dolore che la travolse. Dopo alcuni istanti, la guerriera cercò di arrancare verso la finestrella del nascondiglio sotto la botola, camminando radendo il muro della locanda in direzione opposta a quella dalla quale provenivano le voci, anche se questo avesse comportato girare attorno all’edificio pur di evitarle. Lentamente, dolorosamente, Seayne riuscì a riguadagnare il suo nascondiglio: l’alloggio che le avevano preparato gli abitanti di Trem, sotto la locanda. La guerriera scivolò all’interno senza grosse difficoltà, avendo divelto il serramento all’inizio di quella nottata, ma prima di cadere all’interno, Seayne si accorse di aver lasciato sulla finestra una stria di sangue rosso, ma non poteva farci nulla. Una volta all’interno, Seayne tappò alla peggio la finestra con il mantello, cercando di nascondere il più possibile la macchia di sangue, giusto in tempo per sentire che il vociare delle guardie era oramai vicino: purtroppo avevano visto e seguito la scia del suo sangue. A quel punto Seayne si strappò la manica sinistra dell’uniforme e ne utilizzò una parte per bendarsi il braccio destro e l’altra per fare un tampone per la ferita al ventre; poi si diresse verso la branda, cercando di infilarsi sotto di essa, in modo tale che il materassino di paglia la occultasse alla vista. Certo non era un granché come nascondiglio, ma se la Stella del Nord le avesse concesso la sua benevolenza e se fosse riuscita a infilarsi sotto la branda, col favore del buio e confidando che il peso che era stato sistemato sopra la botola fosse ancora al suo posto, forse avrebbe potuto scamparla. Per qualche attimo la guerriera prese in considerazione l’idea di tentare nuovamente la rigenerazione ma c’era troppa confusione e troppe distrazioni: non sarebbe mai riuscita in quelle condizioni. Così, la ragazza, cercando di soffocare sul nascere i suoi gemiti di dolore e tenendo sempre vicino a se la sua fidata claymore, si rassegnò ad aspettare gli eventi, tentando di occultarsi alla vista sotto il giaciglio. Seayne udì chiaramente l’ordine di irrompere nella locanda che venne dato alle guardie e, subito dopo, il rumore di qualcosa che veniva sfasciato, probabilmente la porta della stessa, seguito da un vociare confuso e concitato. C’era ancora la flebile speranza che le guardie non trovassero la botola ma, in realtà, la guerriera non ci credeva molto. Infatti, pochi minuti dopo, dei colpi netti si fecero udire esattamente sopra la botola, che si spalancò di colpo e quattro guardie sciamarono all’interno, armate di picche e portando delle torce. Da quella prospettiva, non ci misero molto a notare Seayne stesa sotto il giaciglio. Una delle guardie intimò alla guerriera di non fare un movimento. Seayne pensò per un momento di balzare fuori e aprirsi la strada a forza ma, saggiamente, capì in tempo di non avere molte possibilità, debilitata com’era dalle ferite e impossibilitata al momento a usare il braccio destro. “Vivi oggi e combatti domani Seayne!” pensò la guerriera mentre usciva lentamente dal suo nascondiglio sotto la branda ma, non appena fu in piedi qualcosa, probabilmente l’asta di una picca la colpì con violenza sulla testa, facendole perdere i sensi… Un po’ di tempo dopo… quanto? Impossibile dirlo, la guerriera riprese conoscenza: oltre ai dolori delle varie ferite s’era aggiunta la testa che le doleva e le pulsava nel punto ove era stata colpita. Si trovava in un luogo buio e… sobbalzava? Seayne udì chiaramente un nitrito e capì di essere su un carro. Frammenti di quella brutta notte le tornarono in mente: Rebecca terrorizzata, Gull e Olter, lo yoma che aveva… ucciso? Sì, ricordava di averlo ucciso, ma era così difficile pensare… il dolore le impediva di pensare. Istintivamente cercò di muoversi, ma scoprì che qualcosa di pesante le bloccava le braccia. Qualcuno l’aveva messa in catene; ma chi? Con difficoltà riuscì a rimettere assieme i frammenti di memoria: l’arrivo a Trem, le precauzioni degli abitanti, il nascondiglio e la fuga dallo stesso, la sfida dello yoma, la sua tana putrida, lo scontro e infine… la sua cattura Disorientata, Seayne si chiese dove la stessero portando, dove fosse la sua claymore. Delirando, chiese perdono a Mastro Araldus per esser troppo stanca e troppo debole per sfuggire alle guardie, nonostante avesse assolto il suo compito. Anche parlare oramai le costava fatica, pensare con lucidità era sempre più difficile e il buio del carro ove si trovava a poco a poco penetrava anche la sua mente. Lentamente, il corpo della guerriera, prostrato dalle ferite, dal dolore e dalla stanchezza si accasciò sul fondo del veicolo che la stava portando chissà dove. Per quanto tentasse di resistere, il sonno la colse nuovamente e Seayne si addormentò, mentre un nome le sfuggiva dalle labbra, come un sibilo. … Stephan… |
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