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[Divina] In cerca di risposte.
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29-01-2013, 12:26 AM
Messaggio: #2
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[Divina] In cerca di risposte.
[Divina, Turno 1]
Citazione:"parlato"Il rumore acuto delle protezioni metalliche contro il pavimento in pietra echeggiava lungo il corridoio, mentre la numero Quattordici dell'Organizzazione ne percorreva la lunghezza. La numero Quattordici. Era un termine - un numero - che ancora non le era naturale da ricordare, non familiare; un valore, le era stato spiegato, che racchiudeva la sua bravura e la sua posizione tra le Claymore. Tra le Claymore. Streghe dagli Occhi d'Argento. Vi si sentiva appartenere a malapena, a quel mondo. Per quanto tempo era vissuta incosciente, disinteressata a quel mondo? Come un fulmine a ciel sereno, le si parò di nuovo davanti agli occhi quella notte, quell'essere deforme, quella luna alta nell'oscurità , quelle forme umane bianche, argentee e dorate. Una in particolare. Barcollò, e si poggiò ad una parete. Quella donna. Quella donna dalla veste bianca e argentea, dai lunghi capelli biondi e dalla claymore insanguinata. La stava attendendo oltre quel corridoio. Aveva ricordato, e tentato di ricordare, fin da quando si era ripresa in quella radura nelle Terre dell'Ovest, poi durante il viaggio fino a Refi e poi in carrozza fino a Staph. Lo aveva fatto pure nella sua casupola, in attesa che gli uomini in nero mantenessero la promessa. Aveva ricordato, e non aveva ricordato. La baita nel bosco, la neve e le cacce. La notte, l'ombra oltre il tetto, la fuga e la paura. Il mattino dopo, le quattro donne bionde, e l'enorme capo mozzato che riportarono. L'uomo in nero, e il viaggio verso Staph. L'operazione - sì, la ricordava -, le uniformi candide, le spade smussate, gli allenamenti e le lezioni. E lei, la sua copia esatta e perfetta, sempre di fronte e accanto a lei. Sempre. Fino a quella notte. 'L buio avanzar de la notte... Nol parvomi recordo, ma incubo tremendo. Sì, un incubo. Lei, lei che diventava un... un qualcosa, tra grida e spasmi davanti ai suoi occhi lucidi e la sua gola arida per le urla. E poi eccole, giù come se giunte dalla luna, bionde e argentee insieme, calare le lame e lasciar fiorire una realtà rosso sangue. E poi, il nulla. Si era sforzata, aveva cercato di riportare a galla cosa le era accaduto dopo. Non sapeva nemmeno quanto dopo. Era come se si fosse addormentata novizia e risvegliata numero Quattordici. O quasi. Quasi, perché del libro si ricordava. Lo aveva aperto, letto e riletto pure quel giorno: era se stessa, era sua sorella, era... era casa. Nessun dubbio, che le avesse fatto da sostegno per tutto quel tempo. Ma il suo nome, o il nome di sua sorella, ancora non se li ricordava. La luce in fondo al corridoio si fece mano amorfa passo dopo passo, restituendo lentamente ai suoi occhi le forme e le curve pietrose e sabbiose dell'arena. E, in mezzo, una figura. Che lei sapeva già a chi appartenesse. La Guerriera chiamata Divina, numero Quattordici dell'Organizzazione, uscì all'aperto calpestando la soffice sabbia. Con gli occhi argentei, stava fissando la donna davanti a lei con uno sguardo triste, il volto alto per la considerevole differenza d'altezza. Una donna alta e bionda, maestosa nella sola presenza. Di nuovo, dinanzi a sé si accostò a costei la figura della donna bionda di quella notte, la claymore insanguinata sotto la luna argentea. Questa volta, la piccola Guerriera non barcollò né diede segni di cedimento, ma continuò calma ad avanzare, fermandosi infine ad alcuni metri dall'alta Guerriera. L'avrebbe riconosciuta tra mille. Alla luce del Sole ed al chiarore della Luna. Anche a distanza di mesi e di anni. La Claymore che aveva ucciso sua sorella. "... Serena la Splendente." Così l'avevano definita. La numero Uno dell'Organizzazione. Lei sapeva ancora poco di quanto davvero significasse ciò, ma comprendeva che non era una mezza Yoma qualunque. Ed era adesso lì, davanti a lei. Era nervosa, nervosa e impaurita, anche se non lo dava a vedere, ansiosa di avere risposte e di fare domande. Infatti, benché si fosse accorta che lei non parlava esattamente come la gente comune, senza pensarci continuò così: "Parola, che alato volo prende
su per l'aere ventoso, debèa lunge - e sol ognor memoria mi s'accrebbe - de' porre a tua persona insigne. Rimembri, notte de' miei pensieri, colei ch'un tempo tremenda mietesti? Magra era, e avea bianchi crini... O almen prima che carne mutansi, che sanguigno fior tua lama rese. Ecco, se ciò non bastassi: uguale a me parea, per figura e pene. Rimembri lei, e il fato suo triste?" Citazione:Yoki utilizzato: 0% ___________ Di queste case Non è rimasto Che qualche Brandello di muro Di tanti Che mi corrispondevano Non è rimasto Neppure tanto Ma nel cuore Nessuna croce manca E’ il mio cuore Il paese più straziato |
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