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QUEST Il Mercante di Lido [GioRix]
24-06-2018, 01:03 AM
Messaggio: #46
RE: Il Mercante di Lido [GioRix]
Il viaggio non fu troppo difficile. Gli occhi di Triela, ormai abituati alla scarsa luce presente nel suo rifugio dopo il tramonto, la guidarono nella giusta direzione senza grossi problemi. In effetti la sua abitudine di accendere raramente un fuoco, unita alla sua tendenza di addormentarsi piuttosto tardi, sembravano averle facilitato la marcia notturna.
Ad ogni modo, la ragazza era troppo stanca per soffermarsi ad ascoltare i familiari suoni del bosco notturno, né tantomeno aveva energia sufficiente per permettersi percorsi alternativi.
Seguendo la strada più diretta, arrivò presto in vista della sua piccola cascata.



La ragazza osservò con astio le ripide rocce che la separavano dalla sua meta. Quella barriera naturale, che di solito le permetteva di dormire sonni tranquilli, era ora un fastidioso ostacolo. Non che non avesse la forza di superarlo, solo... Non aveva proprio voglia di compiere quello sforzo.

Triela tirò un sospiro rassegnato.
Se solo quella mattina avesse calato la scaletta, si sarebbe risparmiata quel cruccio.
Pentita di quella leggerezza, la ragazza risalì rapidamente la parete con qualche balzo, sbucano infine nella sua piccola radura.
Si diresse immediatamente verso il suo giaciglio, dove iniziò a spogliarsi di mantello ed armatura. Una volta alleggerita, si sedette accanto al falò. Erano giorni che non lo accendeva, ed i rimasugli anneriti di quattro grossi ciocchi le stavano stavano ormai diventando familiari. Decise di non disturbarli nemmeno quella sera.
Finalmente, un po' malinconica, decide di assaporare per un'ultima volta la tranquillità del primo luogo che, dopo lungo tempo, aveva chiamato casa.
Abbracciò con lo sguardo i suoi pochi averi, protetti dal maltempo dalle sporgenze naturali ai lati della conca. Si avvicinò alla parete sul fondo, e bevve un sorso dalla fonte che ivi sgorgava.

Uhm, sa proprio di ferro.

Nonostante questo, le piaceva quell'acqua.
Si voltò infine verso il centro della radura, percorrendo con lo sguardo il piccolo torrente che dai suoi piedi scorreva verso valle, il suo corso fermato dallo sbocco in un piccolo laghetto. A quell'ora le acque dovevano essere gelide, ma in fondo le guerriere non soffrono molto il freddo, e poi...

Un ultimo bagno lo voglio fare. 

Sfidando il buonsenso, Triela si sfilò i vestiti, indugiando per qualche istante prima di sfilarsi il guanto sinistro. Ancora una volta, esitò prima di sciogliere i capelli, lanciando poi i nastri che li legavano sui vestiti già adagiati sul terreno. Infine, immerse il suo corpo in un doloroso ma rinvigorente abbraccio.
Si lasciò galleggiare placidamente per un po', assaporando la sensazione del flebile vento che le accarezzava il volto, i seni e l'addome. Il resto del corpo, invece, era stretto nella morsa delle acque. La ragazza avrebbe potuto sforzarsi di trovare una posizione che lasciasse emergere una porzione più ampia delle sue carni, ma accantonò subito l'idea. Tutto sommato, questo era uno dei rari momenti in cui poteva dimenticarsi delle condizioni del suo corpo.
Non importava se la pelle fosse morbida o avesse la consistenza del cuoio. Non importava se fosse liscia come il petalo di una rosa, o resa ruvida dalle innumerevoli cicatrici. La sensazione di inadeguatezza e di differenza nella percezione a seconda dell'arto, che la perseguitava ogni istante della giornata impedendogli di dimenticare il suo passato, era ora piacevolmente ovattata. Ogni cosa era ugualmente ricoperta da una patina di ghiaccio, che gelava le sensazioni così come i pensieri.
Gli occhi della guerriera vagarono per lunghi minuti per le vie delle stelle. Ogni tanto scorgeva una costellazione, ma non vi si soffermava. Lasciava che il suo sguardo passasse oltre ancor prima che il nome degli astri potesse sovvenirgli. Non ve ne era bisogno, voleva solo mirarle.

Quando finalmente il freddo iniziò a farsi insopportabile, Triela decise di uscire dall'acqua. Sì strizzò i capelli, constatando amaramente che non aveva nulla con cui asciugarsi. In genere faceva il bagno durante il giorno, e lasciava che le gocce che le rigavano il corpo evaporassero sotto i raggi del sole. Ora come ora, dovette accontentarsi di utilizzare i suoi stessi vestiti come asciugamano. Dopo essersi asciugata, stese i tessuti bagnati sull'erba, sperando che il vento bastasse a renderli utilizzabili entro la mattina seguente.
La ragazza si guardò attorno ancora un po', alla ricerca dei nastri per capelli che aveva inavvertitamente lasciato cadere nell'alzare da terra la sua divisa. Non ebbe problemi a trovare il primo, ma non sembrava esservi alcuna traccia del secondo. Probabilmente di giorno lo avrebbe scorto senza problemi, ma cercarlo alla luce della luna sembrava un compito impossibile per lei. Dopo pochi secondi, decise di lasciar perdere.
Chissà, forse non voleva nemmeno ritrovarlo, quel nastro.
Raccolse i capelli in una singola e folta coda, facendo poi un ultimo giro attorno al piccolo specchio d'acqua.
Lentamente, quasi controvoglia, si avvicinò al giaciglio.
Prese il suo nuovo mantello, facendo scorrere per la prima volta il tessuto sulla nuda pelle. Non aveva ancora avuto modo di provarne la sensazione al tocco ma, nonostante il suo senso fosse ancora inibito dalla nuotata, il primo impatto non avrebbe potuto essere migliore.
Un sorriso compiaciuto, celato dall'oscurità della notte, le si dipinse sul viso.
Crogiolandosi nella piacevole sensazione, si avvolse nel capo come avrebbe fatto in una coperta, coricandosi infine sul pagliericcio. La malinconica acconciatura la costrinse a stendersi su un lato, mostrandole un'ultima volta la meraviglia che aveva scoperto.
Lentamente, i freddi colori della notte iniziarono a spegnersi, lasciando posto ad una calda ed avvolgente oscurità.



La mattina seguente, Triela venne svegliata dalle prime luci dell’alba.
Con un grosso sbadiglio, drizzò la schiena ed iniziò a stiracchiarsi. Mentre si guardava attorno con le palpebre socchiuse, nel tentativo di far abituare gli occhi alla luce del sole, notò con disappunto i risultati della sua procrastinazione. Si alzò con uno scatto, maledicendo sé stessa per non aver ancora preparato i suo pochi averi per il viaggio. Si avvicinò ai vestiti stesi, constatando sollevata che erano perfettamente asciutti. Se li infilò senza troppe cerimonie, recuperando anche il nastrino per i capelli che era ruzzolato poco più in là. Avvicinatasi alla fonte, si sciacquò il viso e si mise ad armeggiare con i capelli, ripristinando la consueta acconciatura.

Ed ora facciamo l’inventario.
Pensò la ragazza, muovendosi agilmente nella radura in direzione della piccola balestra. Senza preoccuparsi troppo di riciclare il materiale, tagliò le funi che la mantenevano fissata al suolo con qualche distratto colpo di spada.
Perfetto, dovrei avere da qualche parte delle corde che mi permettano di fissarla ad un fianco.

Spostò lo sguardo sul piccolo mucchio di rudimentali quadrelli che aveva costruito, e ne afferrò uno.
Questo dovrebbe bastare. Non avrò problemi a fabbricarne altri quando mi assegneranno il prossimo territorio e, se dovesse rendersi necessario, per fare scena uno è più che sufficiente.

Recuperò un paio di funi dal suo personale deposito, legando la balestra sopra l’armatura della coscia sinistra e foderando l’intercapedine con le ormai a lei familiari fibre vegetali, in modo che non facessero troppo rumore. Dopodiché provò a piegare il mantello, ottenendo così un pacchetto di tessuto poco voluminoso. Intrecciando altre corde, ne ricavò una sorta di rete da agganciare alla cintura, con cui le era possibile trasportare il mantello e poco altro a mo’ di tascapane.

Dovrei comprarmi una borsa vera e propria, oppure farne una con delle pelli. Beh, per il momento pare che io debba accontentarmi di questa. Dovrei avere ancora le mie vecchie calze da qualche parte e… basta, credo. O almeno, per il momento non mi viene in mente altro che potrei portare con me. Direi che posso partire.

Sbrigati gli ultimi preparativi, la giovane si guardò attorno ancora una volta e, in un ultimo barlume di irrazionale trasporto, sfoderò la spada. Quattro rapidi fendenti fecero sprizzare scintille dalla parete rocciosa sotto la quale aveva passato la notte. Un piccolo e bianco simbolo risaltava ora alla vista in mezzo all’uniforme grigio della pietra altrimenti totalmente liscia.
Dando le spalle a questo suo ultimo ricordo, Triela si allontanò dal suo santuario a passo spedito.



Una volta arrivata in città, Triela ripassò la scaletta che aveva pensato il giorno precedente.

Per prima cosa, direi di recarmi da Willem. Non ho idea di dove possa essere, ma per il momento direi che avviarmi verso il centro sia la scelta migliore. Magari potrò chiedere a qualche passante le indicazioni che mi servono. Se non avrò fortuna dovrò tornare da Rolf, temo. Per la faccenda delle rotte commerciali e dell’accampamento dei nomadi, questo Willem dovrebbe essere più che informato visto che in teoria ci lavora assieme.

Decisa sul da farsi, si incamminò verso il centro tentando la fortuna. Chissà, magari avrebbe persino incrociato per caso il negozio che la interessava, anche se aveva il sospetto che in realtà il falegname lavorasse nella parte più esterna della città.
Se non avesse trovato alcun indizio, si sarebbe diretta alla taverna come da programma.


Citazione:Yoki Utilizzato: 0%
Stato Fisico: Ottimo.
Stato Psicologico: Malinconica, infine concentrata sulla missione.
Abilità Utilizzate: Percezione dello Yoki (Passiva). Coordinazione Straordinaria (+3 al comando su sé stessi, solo in combattimento).
Punti Limite: 0/15

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