Scheda di Eudoxa (DarkGreen)

[DarkGreen]

Resoconto missione n°1

L'innocente

Carissima Mariem,

con immane gioia ho da confidarti che, dopo tribolazioni e lunghi cammini, ho portato a termine la prima missione che mi sia mai stata assegnata.

A partir dall’ordine di madama Semirhage, cui mi condusse di buon mattino il buon Gaul, mi fu data una vera arma tagliente e rilucente sotto i raggi di albe e tramonti, i quali aprirono dinanzi ai miei occhi novizi vasti panorami, dal deserto alla roccia, alla vegetazione boschiva, alla zona lacustre, a Duchamp (contro le cui possenti mura sbattei, procurandomi un brutto graffio in fronte). Lì infatti avrei dovuto trovar il responsabile di tanta carneficina e stridore, che la gente locale aveva accoratamente identificato nella figlioletta del signor Wagner, rinomato scultore o carpentiere della sua cittadina, non ricordo esattamente cosa fosse. Il mostro aveva difatti, oltretutto, ucciso sua moglie.

Da lui ebbi notizia della morte di ben cinque persone (consorte inclusa), affibbiate dalla popolazione locale, com’ero in procinto di dirti, alla povera Daryn, l’amabile figlioletta di Wagner. Ebbi modo di confrontarmi con la piccola, amabile e deliziosa come pochi fanciulli, riuscendo a farmi rivelare il tranello entro il quale era caduta: attraverso il giuoco del serpente sommo (ti ricordi quando ci giocavamo insieme?), venni a sapere di Timmy, forzutissimo efebo che nottetempo veniva a render visita alla nostra signorina, impregnandola di yoki (in effetti, non riuscii a rilevare in quella cameretta coi balocchi nient’altro che tracce di esso e non già una concreta presenza).

Appurato il fatto, dopo aver calmato la bimba – un po’ agitata per la tanta apprensione degli ultimi tempi –, varcai l’uscio di quella signorile abitazione, iniziando a vagare per il paesello, alla ricerca di indizi, alla ricerca di Timmy.

Questo è quanto è avvenuto, condotto da me medesima con quel senno che mi hai conferito durante la fanciullezza, splendida perché donatami dalla tua cura materna.

Ma bando alle ciancette, feci ordunque un giro e appresi tanto in merito alla probabile posizione di Timmy in quei frangenti di tempo: i piedi mi portarono da un vecchio fumogeno – nonno Jos Jannar –, poi da Nancy e Ralph (Dee mie, chi erano?) ed infine al porto, laddove il pischello doveva per forza stare.

E voilà, lo trovai là.

Mi fece una gran tenerezza, volevo quasi farmelo amico. La testa mi doleva da matti e i miei poc’anzi citati piedi si ferirono camminando su rottamacci abbandonati lungo costa. L’acqua del lago mi alleviò la pena, mentre i ragazzi (Timmy era in compagnia) mi osservavano da lontano. Si eran rifugiati dietro un tumulo non appena mi avevano vista! Riuscivo a ben rilevare la presenza demoniaca del nostro amico proprio in quella zona, che mi toccava raggiungere evitando di infortunarmi di nuovo.

Ah beh, sembra scontato dirlo: era proprio Timmy il mostriciattolo sanguinario che cotanto orrore aveva scatenato nel cuore di Duchamp.

Ad ogni modo, con un bel balzone riuscii ad atterrare di fronte ai miei giovanotti, che nel frattempo volevano mettermi al tappeto con le loro fionde a giocattolo. Ovviamente, tentativo fallito. Con un fendente li spaventai, inducendoli a darsela a gambe, mentre Timmy, visibilmente inalberato, diede inizio ad un corpo a corpo con la sottoscritta. Anzi, no: un dita a corpo. Sì, quelle ditina lunghe lunghe gliele tranciai di netto non appena mi si rivolsero contro. Ma piombai nuovamente su degli scheggioni simili a prima, rovinandomi i piedi.

Oh, quanta crudeltà, questo mondo…

Piansi, come piansi. Che male avevo nell’anima. Il mostro mi perforò una spalla usando gli artigli superstiti, ma ebbi la forza di ergermi sull’energia delle mie irrobustite braccia, grazie alle quali potei fiondar il mio corpo a vol di lama contro egli, squarciandogli la giovane e corrotta pancia.

Fu tutto così confuso da lì a seguire… ricordo che finii sopra di lui, cantai e gli bucherellai il visino stravolto con l’aculeo della mia claymore. Ricordo la bellezza delle combinazioni cromatiche in quell’esatto momento: un violetto stemperato nel rosso aranciato e qualche traccia di oscurità nel cielo prossimo a spegnersi. Che mondo benigno.

Sì… sì, mi concentrai per rimarginare le ferite, ma accipicchia, tutto lo yoki, assieme a tutta la buona volontà che ci mettevo, non bastava mai… Venne la rossa Iris, ammantata dal digradante tramonto in corso, a consigliarmi come dovessi comportarmi in tale circostanza. Dolorosa di per certo, ma anche estremamente sensuale.

Il dolore prolungato è eccitante, ti trasporta su tutt’altra dimensione e ti parla, ti parla come nessun altro potrebbe mai parlarti.

Fatto sta che mi ripresi, fui vegeta e sana e mi riavviai per la via del mio letto a Staph, dove mi attendeva con gioia e trepidazione la signora Semirhage, che d’ora in poi denominerò la mia madrina.

Mi ritengo soddisfatta di questa prima esperienza, metto ben volentieri cinque stelle e mi auguro di tutto cuore che, alla prossima, avrò una compagna di viaggio con cui scambiare due parole ed entrare in sintonia, durante i lunghi cammini che mi attendono ancora. Mi piace così tanto stare con gli altri… L’ho capito comunicando con la brava gente di Duchamp e con la piccola Daryn.

«Sii padrona della tua mente e troneggerai su tutte le menti.» mi dicevi tu, Mariem cara.

E quanto è vero!